IL SALUTO DELLA COMUNITA’ AL TERMINE DELL’EUCARISTIA
Carissimo Gaetano,
senza di te la Comunità perde la gioia di vivere e la vitalità, l’ironia ed il sorriso che non ti
abbandonava mai, anche nei momenti più difficili, come quelli vissuti nei giorni ultimi della malattia.
Eri tra i più giovani del gruppo, non solo per età anagrafica, ma soprattutto per lo sguardo con cui
osservavi il mondo, che tu consideravi, nonostante tutto, un posto bello in cui vivere, in grado di donare
gioia a chi sa apprezzarne la bellezza. E tu eri sempre capace di apprezzarla.
Il tuo ininterrotto impegno sociale e politico (di particolare importanza la lunga militanza nella Cgil e
il ruolo assunto da alcuni anni di segretario provinciale di Napoli della Funzione Pubblica) trovava la sua
origine proprio in questa capacità di cogliere la bellezza del mondo e nella volontà di tutelarla e proteggerla
il più possibile, con ogni mezzo.
Anche la tua vocazione giornalistica nasceva dal bisogno di aver cura delle cose e degli altri.
Le tue analisi non erano mai fini a sé stesse, ma costantemente tese alla comprensione della realtà per
migliorarla e renderla, in qualche modo, più equa. La tua scrittura era funzionale alla vita concreta ed
espressione della rete di relazioni che avevi costruito ed alimentato.
In questa rete un ruolo centrale ha svolto per te la Comunità: luogo della riflessione sulla fede, ma
soprattutto spazio di amicizia e fraternità, in cui hai coltivato relazioni profonde ed autentiche, nella piena
disponibilità verso tutti, con la ‘leggerezza’ di chi sa che solo insieme agli altri si può essere felici, riuscendo
a sostenere, almeno un po’, il peso dell’esistenza.
Insieme a te si stava bene, il rapporto fluiva semplice e spontaneo, senza alcun bisogno di strategie
comunicative, con la certezza di essere capiti.
Rapporti solidi, rafforzati dal trascorrere del tempo, che parevano destinati a durare per sempre.
Per questo la tua fine inaspettata e dolente risulta inaccettabile, procurando un senso di smarrimento
in tutti noi.
Questa volta la retorica della memoria consolatrice non basta a dare forza ai nostri cuori afflitti.
Un moto di rabbia attraversa la nostra anima di fronte alla malattia, alle ragioni incomprensibili della
sofferenza, alla fragilità dell’esistenza, fino al non senso dell’attimo finale.
Tutto ciò interroga la nostra fede vacillante, messa a dura prova dalla scomparsa improvvisa di un
fratello, come te.
Non ci resta che la speranza, come principio etico, ma dal contenuto difficilmente definibile.
Caro Gaetano, Direttore carissimo, non è un caso che il tuo ultimo articolo – pubblicato il 13
settembre 2018, su “zona grigia” – si intitoli proprio: “C’è ancora speranza?”.
In esso, con grande sensibilità politica e umana, analizzavi il dramma dei migranti e degli esclusi e
concludevi, scrivendo:
«La domanda è: C’è ancora speranza? Come uscire dalla trappola di un presente che ha smarrito la
propria memoria?
La cultura e la politica dominanti, complici social e media asserviti, hanno represso il pensiero,
pregiudicando la nostra libertà e la nostra stessa umanità.
La domanda ritorna: “C’è ancora speranza?”.
Crediamo che nessuno possa fornirci una risposta. Perché essa è imprigionata dentro noi stessi.
E bisogna ricercarla…prima che sia troppo tardi».
I contenuti della speranza sono dentro di noi, imprigionati nella nostre anime, così afferma Gaetano
in questa sorta di testamento spirituale. Non dobbiamo mai smettere di cercarli, anche nei momenti bui del
dolore e della disperazione, quando la luce sembra irrimediabilmente spenta.
Questa speranza sarà nutrimento per la nostra fede e definirà gli orizzonti della nostra ricerca:
te lo promettiamo, fratello caro.
Adesso speriamo solo che, in qualche modo, tu possa sentire la nostra vicinanza e il nostro affetto
durante il viaggio che hai appena intrapreso.
Ciao Gaetano. Ti vogliamo bene.
OPUSCOLO CON INTERVENTI, PENSIERI, EUCARISTIA IN RICORDO DI GAETANO
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