Rocca di Papa: destre xenofobe contro il “Mondo Migliore”
Ad accogliere i migranti presso il centro “Mondo Migliore” di Rocca di Papa non c’erano solo cittadini dei Castelli Romani animati di buone intenzioni, con i loro striscioni di benvenuto, ma anche un gruppo di oppositori, da CasaPound a Fratelli d’Italia, schierati a difesa dell’italianità minacciata da quel centinaio di rifugiati eritrei di passaggio a Rocca di Papa per qualche giorno, al massimo una settimana secondo la Cei, in attesa di una destinazione definitiva nelle altre 27 diocesi italiane che hanno fatto richiesta. I curiosi microfoni di emittenti locali e nazionali hanno anche raccolto la voce di alcuni cittadini locali che si sono uniti alle proteste anti-migranti, fermamente convinti che i 100 porteranno «malattie», «criminalità» e molesteranno le donne…
Le proteste sono proseguite nella notte (il secondo pullman di migranti è arrivato alle 2 del mattino, oltre 6 ore dopo il primo, per via di un guasto) e anche ieri: due i fronti contrapposi (xenofobo e antifascista) e momenti di tensione sedati dalle forze dell’ordine.
Intanto nel centro sono iniziate le visite mediche e i primi colloqui hanno portato alla luce la drammatica vicenda e gli abomini subiti in Libia (i profughi hanno raccontato anche di 16 bambini nati e morti in detenzione), terra nella quale il nostro ministro dell’Interno – «da padre» – vorrebbe rispedire tutti i migranti del mare. Tutti, indistintamente, “clandestini” per il lessico salviniano.
Se rappresentassero un malcontento generalizzato nella popolazione, le proteste potrebbero anche essere «comprese», ha dichiarato il presidente di Caritas italiana, don Francesco Soddu. «Laddove sono invece solo voci di protesta, anche politicamente orientate, sono deleterie e lasciano il tempo che trovano». Ad accogliere i rifugiati a “Mondo Migliore” c’è anche don Aldo Bonaiuto (Comunità Papa Giovanni XXIII): «Questi contestatori non si sa contro cosa manifestino perché queste persone a Rocca di Papa ci saranno due giorni», ha commentato. In questa vicenda, ha poi aggiunto, abbiamo registrato «una grande solidarietà nazionale da parte delle parrocchie. Per il futuro auspichiamo soluzioni strutturali, non vogliamo trovarci di fronte di nuovo all’emergenza dell’emergenza. Bisogna aprire le porte a questi che non sono numeri ma persone da accogliere e soccorrere».
Nonostante l’accordo di pare tra Etiopia ed Eritrea, i cui frutti si vedranno sul lungo periodo, In Eritrea non c’è una Costituzione, vengono costantemente violati i diritti e le libertà fondamentali, il Paese è ancora militarizzato e ha una leva obbligatoria permanente. È per questo che i cittadini eritrei «hanno diritto in base alle leggi internazionali» di richiedere protezione internazionale, ha detto ai microfoni di Watican News don Mussie Zerai, eritreo anche lui, direttore dell’Agenzia Habeshia per la Cooperazione allo Sviluppo.
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