Un altro passo per un papa ecumenico
Juan Antonio Estrada
Papa Francesco ha accettato di nuovo il titolo di “Patriarca d’Occidente”che è stato mantenuto dai papi per secoli e che papa Benedetto XVI ha rimosso dai titoli papali ufficiali fin dall’inizio del suo pontificato. Non è un semplice titolo onorifico, ma è il titolo del Vescovo di Roma che tutti hanno riconosciuto nel primo millennio e che rifletteva la concezione della Chiesa nell’Antichità e nel Basso Medioevo prima che si verificasse la divisione dei cristiani in ortodossi e cattolici a partire dal XI secolo.
Nella chiesa antica c’erano 5 grandi patriarcati: Roma, Costantinopoli,
Alessandria (Egitto), Antiochia (Siria) e Gerusalemme. Ognuno
aveva la propria autorità e autonomia all’interno della Chiesa cattolica. Ogni
patriarcato aveva la sua liturgia, i suoi canoni, la sua teologia, i suoi
ministeri e una propria gerarchia. Nessun patriarca interveniva negli affari
interni delle altre chiese e tutte si riunivano rappresentate dai loro vescovi nei
concili ecumenici. Il papa, titolo che fin dal secolo VIII il Vescovo di Roma rivendicava
in esclusiva, cercava il riconoscimento del suo primato negli altri
patriarcati. Ma questo si riferiva alle questioni che riguardavano la Chiesa
universale, alle controversie tra Chiese, a questioni dottrinali che andavano
oltre i limiti di un patriarcato o a questioni disciplinari che avevano influenza
in tutta la Chiesa, come la decisione della data della resurrezione e del
Natale per tutte le chiese. Nel secondo millennio tutto è cambiato,
si è vista tutta la Chiesa come governata dal vescovo di Roma, che si trasformò
in un patriarca e vescovo universale.
Paolo VI era consapevole che il ministero principale del papa è quello di
assicurare l’unità e la comunione della Chiesa e che questo costituiva il più
grande ostacolo per l’unità. Giovanni Paolo II ha chiesto di essere aiutato a
trovare «una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun
modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova». Papa Francesco ha
evidenziato la sua disponibilità ecumenica.«A me spetta, come Vescovo di
Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio
ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli
e alle necessità attuali dell’evangelizzazione» («Evangelii gaudium» 32). Il papa accetta di essere considerato “primus inter pares” tra i patriarchi
cristiani, come è avvenuto nel primo millennio del cristianesimo, senza
ulteriori prerogative.
L’unione delle Chiese e la riforma del Primato sono legate per il futuro. Il
primato può essere mantenuto e allo stesso tempo assunto dalla teologia che considera
Pietro non solo come riferimento per il vescovo di Roma ma per tutti i vescovi.
Nel primo millennio c’erano diverse teologie su Pietro e sui suoi successori,
quella esclusiva leoniana difesa da Roma e quella plurale della teologia ciprianica
della maggioranza dei vescovi; la linea del Concilio di Nicea e quella che
riafferma il codice di Giustiniano. La Pentarchia dei patriarcati servirebbe da
ispirazione e riferimento per un papato più collegiale e
per una teologia della sinodalità che ora ispirano papa Francesco. Il futuro
della Chiesa è condizionato dal papato come problema ecumenico e il risorgere della
pentarchia ed a partire da essa il rinnovamento del primato del vescovo di Roma
possono essere uno dei modi per affrontarlo.
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Articolo pubblicato il 13.04.2024 in Religión Digital (www.religiondigital.org)
Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI
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