PAPA FRANCESCO IN KAZAKHSTAN
DI MARIO CORBO
Il recente viaggio apostolico di Papa Francesco in Kazakhstan
(13 – 15 settembre 2022), in occasione del VII Congresso
dei leader delle religioni mondiali e tradizionali, si
configura come un ulteriore tassello nel mosaico realizzato
da Bergoglio sin dai primi giorni del suo pontificato: un
mosaico che disegna una chiesa non monolitica e statica,
né ripiegata su sé stessa in modo autoreferenziale, ma dinamicamente
aperta al mondo: una “chiesa in uscita” che
realizza la sua missione pastorale ‘tra la gente’, assumendo
su di sé – nella sequela di Gesù di Nazareth – il dolore di chi
vive nella marginalità e nella sofferenza. Una chiesa comunitaria
e sinodale nella quale il Papa è, in primis, Vescovo di
Roma e Pontifex, nel senso etimologico della parola, ossia
chiamato a gettare ponti e a costruire relazioni, nella convinzione
che non esista una verità assoluta, riconducibile
agli assunti di un’unica, peculiare fede religiosa. Credere
all’esistenza di una verità ab-soluta significa accettare l’idea
che possa sussistere una verità in sé, sciolta e irrelata, mentre
la verità è sempre relazione: «la verità, secondo la fede
cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque,
la verità è una relazione»1. Tutto il pontificato di Francesco
ruota intorno a tale convinzione e, in particolare, i suoi viaggi apostolici hanno come fine proprio la ricerca della verità nella relazione.
Francesco, infatti, non si sente depositario della verità,
non va incontra all’altro, in ogni parte del pianeta, per
comunicargli la verità di una fede ingabbiata nel dogma,
ma si pone innanzitutto in ascolto e ricerca la verità nella
relazione con i suoi interlocutori, appartenenti a qualsiasi
religione o anche non credenti. Al riguardo, egli afferma:
«sentiamo vicini anche tutti quegli uomini e donne che,
pur non riconoscendosi appartenenti ad alcuna tradizione
religiosa, si sentono tuttavia in ricerca della verità, della
bontà e della bellezza. […] Essi sono nostri preziosi alleati
nell’impegno a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione
di una convivenza pacifica fra i popoli e nel custodire
con cura il creato»2. Queste parole – profeticamente pronunciate
da Francesco il 20 marzo 2013, appena sette giorni
dopo la sua ascesa al soglio pontificio – hanno connotato
tutto il suo pontificato: la verità non è a prescindere dagli
altri, ma va cercata nel dialogo interreligioso e nell’ascolto
anche delle istanze dei non credenti.
L’incontro con etnie e culture religiose disparate – in
Kazakhstan pacificamente conviventi in una realtà sociale
multireligiosa e multiculturale – è fonte di arricchimento
reciproco. Il pluralismo religioso e il dialogo interreligioso
sono valori fondamentali da difendere sempre contro ogni
deriva fondamentalista, senza mai assolutizzare le differenze:
bisogna cogliere e valorizzare gli elementi comuni ad
esse sottesi, che stringono tra di loro tutti gli esseri umani:
creature finite, ma dotate della sete d’infinito.
La realtà creaturale di tutti gli esseri li apre alla fraternità
universale e all’accoglienza reciproca. Avvertiamo con nitidezza la nostra finitudine, ma con altrettanta nitidezza
scopriamo in noi la sete d’infinito, il bisogno dell’oltre,
del divino, della trascendenza, che, pur esprimendosi in
modi differenti nei vari contesti culturali, accomuna tutti
gli esseri finiti. Essi, fraternamente congiunti nel loro
status creaturale, «sono chiamati alla cura: a prendersi
cura dell’umanità in tutte le sue dimensioni, diventando
artigiani di comunione, testimoni di una collaborazione
che superi gli steccati delle proprie appartenenze comunitarie,
etniche, nazionali e religiose»3 e costruttori di pace,
che «scaturisce dalla fraternità, cresce attraverso la lotta
all’ingiustizia e alle disuguaglianze, si costruisce tendendo
la mano agli altri»4.
Al riguardo, Papa Francesco ci regala una splendida immagine
di Dio e della pace, dicendo: «Dio è pace e conduce
sempre alla pace»5. Trovo quest’immagine bellissima, nella
sua semplicità: il divino, identificandosi con la pace, si esplica
nell’immanenza delle relazioni interumane e non in una
intangibile dimensione trascendente e, nello stesso tempo,
la pace, nell’equazione col divino, cessa di esser solo assenza
di guerra, ma si connota come un valore composito, che
trascende i limiti angusti dei conflitti e delle vicissitudini
belliche, nutrendosi della giustizia e della libertà.
Tutte le religioni sono chiamate a contribuire alla costruzione
delle condizioni per una pace perpetua e universale,
abbandonando ogni radicalismo e fondamentalismo. Come recita il motto del Congresso Kazako, tutti i credenti di ogni
fede religiosa sono Messaggeri di pace e di unità.
Nella parte finale del Discorso del 15 settembre, in conclusione
dei lavori, Papa Francesco, ribadendo la necessità
di un impegno di tutti per una pace senza condizioni, afferma
che «attenzione, tenerezza, capacità di generare vita»
sono fattori imprescindibili affinché la logica della pace
possa radicarsi in profondità. Pertanto, Francesco sostiene
che «essa va cercata coinvolgendo maggiormente la donna.
Perché la donna dà cura e vita al mondo: è via verso
la pace». È necessario, quindi, proteggere la dignità delle
donne laddove essa non è garantita e migliorarne lo status
sociale, affidando loro ruoli e responsabilità maggiori di
quelle attuali, anche all’interno della comunità ecclesiale.
Il Discorso del 15 settembre si conclude rivolgendo il
pensiero alle future generazioni, ai giovani che sono «i
messaggeri di pace e di unità di oggi e di domani. Sono loro
che, più di altri, invocano la pace e il rispetto per la casa
comune del creato. […] Costruiamo un mondo pensando a
loro» afferma Francesco, prima di ringraziare il popolo del
Kazakhstan, che, con la sua straordinaria multireligiosità e
multiculturalità, costituisce un esempio per tutti e un vero
e proprio modello da seguire.
Le ultime parole di questo bellissimo Discorso sono un
invito rivolto a tutti, che assume il tono di una preghiera
accorata da cui traspare la coscienza della delicatezza
dell’attuale situazione planetaria, sia a livello politico che
ambientale: «andiamo avanti così, camminando insieme in
terra come figli del Cielo, tessitori di speranza e artigiani di
concordia, messaggeri di pace e di unità!».
Mario Corbo
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