Alcune riflessioni sulla guerra in Ucraina
di Pio Russo Krauss
1) Io do un senso forte alla principio “fraternité”. Non so quanti sarebbero disposti a uccidere il proprio fratello. Penso che prima di parlare di pena di morte, guerra, “rivoluzione violenta” ecc. bisogna chiedersi: “Se il condannato a morte, il soldato che sta sull’altro fronte, il “nemico” fosse mio fratello che cosa farei?”
Qualsiasi pensiero o azione che “di fatto” nega o contraddice la fraternità è per me male. Ciò anche perché credo che solo il rispetto della “fraternità” può liberare il mondo dalle innumerevoli intollerabili ingiustizie presenti e salvarlo dalla catastrofe nucleare (e forse anche da quella ecologica).
2) L’uccisione di uomini e donne è un atto di estrema gravità, di cui bisogna sentire tutto il peso.
Io penso che sia sempre un male, una colpa. Mi sembra che in molti discorsi di chi propugna la resistenza armata per opporsi all’invasione dell’Ucraina da parte dei Russi ciò manchi e si parli di guerra, resistenza, armi ecc. in modo astratto e non per quello che ciò significa (morti, feriti, orfani, vedove, dolore, sofferenze di altri uomini, tutti miei fratelli).
3) Una guerra nucleare è il male assoluto. Distruggerebbe quasi certamente l’intera umanità e l’ecosistema Terra. Niente può giustificarla. Tutto ciò che può favorire una guerra nucleare è male.
4) “La libertà vale più della vita?” (domanda posta da Vito Mancuso e altri). Sì, la libertà può valere più della vita. Ma Mancuso non dice la vita di chi. Sicuramente posso sacrificare la mia vita per la libertà, ma è da discutere se ho il diritto di sacrificare la vita di qualcun altro (per esempio quella
dei soldati di leva russi, che stanno combattendo una guerra che probabilmente non avrebbero mai voluto combattere).
Ho il diritto di uccidere qualcuno che mi vuole uccidere (legittima difesa), ma ciò resta un atto cattivo perché ho ucciso un uomo, mio fratello. E bisogna chiedersi se c’erano altre possibilità di salvare la propria vita senza toglierla a mio fratello.
Non credo che la legittima difesa valga anche per chi attenta alla libertà mia o di altri.
I soldati russi che stanno combattendo in Ucraina (in gran parte giovani di leva), non so quanto possano essere considerati aggressori e quanto vittime, mandate a fare una guerra che non avrebbero voluto fare.
5) Se si vuole che siano le armi a decidere le sorti del conflitto tra Russia e Ucraina penso che ci siano solo queste possibilità: 1) la Russia vince perché è estremamente più forte dell’Ucraina; 2) il conflitto si perpetua per anni perché i Paesi pro Ucraina forniscono loro armi, ma senza farsi
coinvolgere direttamente (similmente a quello che è accaduto nel Vietnam, dove sono morti 3 milioni di vietnamiti e circa 50.000 americani); 3) i Paesi pro Ucraina (UE, NATO) entrano direttamente in guerra: ciò determinerebbe una guerra mondiale quasi certamente nucleare, con enorme possibilità di distruzione dell’intera umanità e forse del pianeta.
Fornire armi all’Ucraina determina lo scenario 2 e rende più probabile lo scenario 3. Sono per questo convinto che sia deleterio prospettare all’Ucraina di vincere con la forza. Credo che vi siano gruppi di
potere (es. industria bellica, gruppi USA che vogliono indebolire non solo la Russia, ma anche la UE) che vedono di buon occhio lo scenario 2. Quindi l’unica cosa utile per gli ucraini è trovare un accordo
con la Russia.
6) La guerra in corso non potrà finire per la sconfitta dei Russi (a meno che non entri in guerra tutta la NATO, la qualcosa causerebbe un guerra mondiale e probabilmente nucleare). Potrà finire solo con un negoziato e questo avverrà tanto prima se si realizzano alcune condizioni: 1) se le
popolazioni della Russia e dell’Ucraina (e gli altri attori coinvolti/interessati al conflitto, cioè UE,
USA, Paesi Europei non allineati, Cina, ecc.) si renderanno conto che i negoziatori devono farsi carico anche delle “ragioni dell’altro” (cioè garantire sicurezza a entrambi, diritti alla minoranza russa
dell’Ucraina e alle minoranza ucraina del Donbass, diritto ai cittadini dell’Ucraina di decidere se integrarsi con la UE o con la Russia ecc.). 2) Se ci saranno Paesi “equidistanti” che possano fungere da mediatori, cioè che abbiano la “fiducia” di entrambi i contendenti. 3) Se la continuazione della
guerra diventerà sempre più insostenibile (dall’una e dall’altra parte). 4) Se si troverà un accordo che non umili nessuno e che compensi le rinunce con delle acquisizioni (così come la rinuncia di Cuba ad avere armi nucleari sovietiche fu compensata dalla rinuncia a un’invasione di Cuba da parte degli USA e dall’eliminazione dei missili Juppiter a testata nucleare in Turchia e Italia).
Da queste premesse deriva che: 1) bisogna operare non per radicalizzare il conflitto e demonizzare il nemico ma per comprendere quali sono le preoccupazioni dell’altro e i propri torti o pretese eccessive
e arrivare a un nuovo equilibrio più giusto e pacifico (come diceva Mandela: “Dobbiamo farci carico delle preoccupazione dei bianchi e rassicurarli”); 2) non pretendere che tutti si schierino dall’una o
dall’altra parte, che ci siano solo due opzioni, ma ammettere e permettere che vi siano posizioni terze (“quarte”, “quinte” ecc.); 3) fare in modo che la guerra diventi insostenibile per la Russia (ciò può essere fatto sia con una resistenza violenta che nonviolenta, con le sanzioni, con l’isolamento
internazionale, favorendo nei russi l’opposizione alla guerra e a Putin) e insostenibile per l’Ucraina (ciò può essere fatto non fornendo armi, contrastando il nazionalismo ucraino su cui si basa il potere
di Zelensky), contrastando l’arrivo di mercenari.
7) L’Italia e la UE si stanno chiedendo nelle mani di chi vanno a finire le armi che stanno fornendo all’Ucraina? All’esercito regolare ucraino o alle brigate di resistenza armata e alle formazioni di estrema destra e neonaziste? Cioè, in quest’ultimo caso, a coloro che hanno reso
impossibile la vita alla minoranza russa e che sono stati tra le cause di questa guerra. Temo molto che stia avvenendo qualcosa di molto simile a quanto è accaduto nell’Afghanistan invaso dall’Unione Sovietica: si sono armati i gruppi di resistenza, ma questi gruppi erano i più fanatici fondamentalisti islamici, talebani, terroristi. Ci si rende conto che l’Ucraina è un Paese multietnico e multilinguistico (circa il 20% di russi e oltre il 30% di russofoni, e circa un 5% di altre minoranze: ungheresi, moldavi,
bulgari, ecc.) e con partiti e gruppi nazionalisti che vagheggiano un Paese monoetnico (si veda la cartina di Lim https://www.limesonline.com/ucraina-divisioni-linguistiche-ed-etniche/60932)? Tutte queste armi che stanno arrivando in Ucraina non finiranno per determinare una situazione di guerra civile e/o di oppressione delle minoranze?
8) Il paragone con la Resistenza è del tutto improprio. La Resistenza è nata dopo l’8 settembre, quando era in corso da 3 anni la guerra: non furono l’America o l’Inghilterra a scendere in campo a favore dei partigiani, ma fu una parte (piccola) degli italiani a imbracciare le armi per appoggiare Americani, Inglesi, Francesi, Sovietici. E’ nata quando si è creata la prospettiva di una vittoria sul piano militare (grazie alle forze alleate) e politico (grazie alla perdita di consenso del fascismo a causa della guerra). La strategia, quindi, era quella di favorire le forze alleate con azioni
collaterali di disturbo alle forze nazifasciste (e impegnando una parte di tali forze così da distoglierle dal fronte) e di accreditarsi di fronte agli alleati e al popolo italiano come “governo legittimo”. I “partigiani” dal 1920 al 1943 non hanno usato le armi ma hanno solo svolto azioni di tipo nonviolento
(controinformazione, propaganda, non cooperazione, sabotaggio ecc.). Inoltre la Resistenza ha assunto diverse forme e strategie, tra cui anche (e in maniera del tutto rilevante) forme non-violente (per esempio gli scioperi del 1943-44, i numerosi episodi di non-cooperazione e di sabotaggio, ecc.).
Cioè nella Resistenza, oltre a chi imbracciava le armi (per libera scelta e non perché coscritti, come ora avviene per i destinatari delle nostre armi in Ucraina; antifascisti e non fascisti come le milizie ucraine non regolari), v’era un gran numero di persone (probabilmente la maggioranza) che
combatteva i nazifascisti in altro modo rispetto a quello di far parte di un “gruppo armato”. Anzi, credo che è anche grazie a questo che la Resistenza è stata un fenomeno etico, che ha permesso la nascita della Repubblica Italiana e la nostra Carta costituzionale: perché in questo movimento si sono potute riconoscere persone con ideologie e idee politiche molto diverse, chi ha imbracciato il fucile e chi non lo ha voluto imbracciare.
9) Comprendo l’indignazione contro l’invasione russa (è anche la mia) e il desiderio che tale azione gravissima non sia premiata ma punita (lo vorrei pure io). Ma l’indignazione è un sentimento che offusca la razionalità, che spinge al manicheismo (di qui i buoni, di lì i cattivi, e noi, ovviamente, tra i buoni) e che tende a far agire senza individuare tutte le azioni possibili e a soppesare le conseguenze di tali azioni. Penso che la realtà è sempre complessa e ogni interpretazione di essa e le reazioni, che non tengono conto di tale complessità, finiscono per determinare “guasti”,
boomerang, “effetti collaterali”, che potevano essere evitati o ridotti con un’analisi sistemica della realtà.
Per la guerra Russa-Ucraina ciò significa analizzare quello che è successo precedentemente all’invasione russa, cercando di vedere i fatti che si sono svolti dal punto di vista russo, ucraino, della minoranza russa dell’Ucraina, degli USA, della UE ecc. Se si fa questo, credo che non si può non dire:
“Chi semina vento raccoglie tempesta”, perché le politiche di gran parte di questi attori non sono state politiche che promuovono la pace ma politiche che favoriscono i conflitti. Non è stata promotrice di pace la politica nazionalista e anti popolazione russa dell’Ucraina (e della Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia), la delegittimazione di chi di volta in volta ha vinto le elezioni da parte dei partiti di opposizione ucraina, l’appoggio dato ai gruppi neonazisti antirussi ucraini, l’allargamento della Nato
(rimangiandosi promesse e accordi), l’installazione di missili nucleari in Polonia, il putinismo di tanti politici occidentali (Berlusconi in primis) per fare affari con gli oligarchi russi chiudendo gli occhi sulla scarsa democrazia in Russia, il neozarismo di Putin, il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche a maggioranza russa dell’Ucraina, l’annessione della Crimea ecc.
Galtung, fondatore del “Peace Research Institute” di Oslo, studioso dei conflitti e mediatore in controversie internazionali, diceva che la chiave per risolvere o contenere un conflitto è analizzare e chiamare in causa più componenti possibili, avendo presente l’intera storia dei soprusi e dei
bisogni frustrati che sono all’origine del conflitto stesso.
Se ciò è vero per risolvere i conflitti lo è ancora di più per prevenirli.
10) Il fatto che oltre un milione di persone abbia lasciato il Donbass per rifugiarsi in Russia non ci pone nessuna domanda?
11) Si dirà: “Sì, ma con tutte le colpe che può avere l’Ucraina, niente giustifica un’invasione e quindi bisogna stare dalla parte degli Ucraini”. Pienamente d’accordo. E’ infatti sto dalla parte degli Ucraini. Ma proprio per questo critico tutto ciò che secondo me non farà che peggiorare la
loro situazione (e non solo la loro). Sto dalla parte dei Palestinesi, ma ciò non mi ha mai impedito di criticare la loro politica che trovo
retorica e inconcludente, non ho mai mandato armi in Palestina e mi opporrei se l’Italia lo facesse, non mi auguro che Hamas prenda il potere (temo che si instaurerebbe uno stato fondamentalista e pericoloso
per la pace mondiale) e ho sempre preferito il movimento pacifista palestinese-israeliano all’OLP.
Credo che sia difficile trovare qualcosa di peggio dell’apartheid del Sud Africa e dove la ragione era tutta da una parte: il 99,99% della ragione era dalla parte dei neri e tutti stavamo dalla loro parte. Ma nessuno ha chiesto di mandare armi all’African National Congress e l’Italia e la NATO non hanno mandato né armi né aiuti. Anche l’Iraq è stato invaso (da una coalizione di forze nella quale c’era anche l’Italia), ma nessuno ha marciato per chiedere che fossero inviate armi agli iracheni e non mi risulta che qualcuno ha chiesto alla Russia o alla Cina di varare sanzioni contro l’Italia.
12) Mi chiedo perché onoriamo Gandhi, Mandela, Martin Luther King se poi irridiamo chi cerca di seguire le loro orme. Tutta la politica di Mandela è basata sul principio “Dobbiamo farci carico delle paure e delle preoccupazioni dei bianchi e rassicurarli”, per questo ha più volte detto: “Ho combattuto contro la dominazione bianca e contro la dominazione nera”. Mi chiedo: ci si è fatti carichi delle paure e delle preoccupazioni dell’altro? No. Mandela ha seminato pace e la pace è germogliata (malgrado tutti pensassimo che la fine del regime bianco in Sud Africa avrebbe
comportato un bagno di sangue). Altri leader hanno seminato vento ed ecco che raccogliamo tempesta.
Mandela, Gandhi, Martin Luther King ci hanno dimostrato che ci sono altre strade per resistere all’oppressore e per combattere. Penso che sono non solo strade più etiche ma anche più efficaci (credo che se i neri avessero fatto fuori gli Afrikaner il Sud Africa sarebbe diventato un paese povero e
sottosviluppato, dipendente da qualche superpotenza, supersfruttato e politicamente instabile).
13) Se si cita qualcuno non bisogna alterare il suo pensiero. Alcuni commentatori hanno citato Gandhi per giustificare l’invio delle armi in Ucraina: “Tra ignavia e violenza è sempre preferibile la violenza” e “Tra codardia e violenza io sceglierei la violenza”. Le frasi complete sono: “Tra ignavia e violenza è sempre preferibile la violenza. Un uomo violento c’è speranza che diventi nonviolento. Per un ignavo no” e “Credo che nel caso l’unica scelta possibile fosse quella tra codardia e violenza, io sceglierei la violenza […] Tuttavia sono convinto che la nonviolenza è infinitamente superiore alla violenza, che il perdono è cosa più virile della punizione”.
Con queste riflessioni Gandhi vuole dire che la nonviolenza è quanto di più lontano dall’ignavia e dalla codardia: è impegno per cambiare il mondo, è stare dalla parte dei deboli, è costruzione della pace, anche a costo di duri sacrifici. Quindi uno che lotta violentemente per tutto ciò può rendersi conto di usare delle armi sbagliate e poco efficaci e diventare nonviolento, ma uno che si fa i fatti propri e pensa solo a non avere rogne non potrà mai diventare un nonviolento. Gandhi ha detto anche “Meglio la violenza per combattere l’ingiustizia che l’indifferenza, ma nella mia cinquantennale esperienza ho sempre trovato armi nonviolente per farlo”. Gandhi le ha trovate perché era convinto che siamo tutti fratelli e che la violenza è male e genera il male.
14) Tertium datur. Ho letto che in alcune città ucraine ci sono state delle manifestazioni pacifiche contro i russi, che in altre ci sono state forme di sabotaggio e di resistenza nonviolenta. Il movimento nonviolento ucraino ha invitato all’obiezione di coscienza i militari ucraini e a intraprendere forme di resistenza nonviolenta. Ecco, io sto con questi ucraini, come sto con i pacifisti russi.
15) A ogni guerra non posso fare a meno di pensare a quanto diceva Don Milani: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io vi dirò che non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da una parte e privilegiati e oppressori dall’altra. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente, anzi eroicamente, squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri devono combattere i ricchi”.
Mi chiedo: quando il Governo italiano ha varato un decreto legge che impediva ai senzatetto di dormire sotto un riparo (decreto sul decoro urbano), chi si è schierato con i senzatetto? Che sarebbe successo se qualche senzatetto avesse buttato una bomba sul Parlamento o fatto fuori il Ministro Minniti o la presidentessa del Friuli Venezia Giulia (Debora Serrachiani) che aveva caldeggiato una norma del genere? Chi avrebbe detto che tali azioni violente erano la giusta reazione alla mancanza di
rispetto dei diritti umani più basilari (avere un tetto, fosse anche una semplice tettoia o un porticato, sotto cui dormire)? Chi avrebbe sostenuto che questa era l’unica strada per costringere il Parlamento e il popolo italiano da esso rappresentato a venire a una trattativa con i senzatetto? E che sarebbe successo se qualcuno avesse sostenuto tale tesi o avesse dato armi ai senzatetto?
In ultimo, qualche persona ha chiuso i rapporti con me e/o con l’Associazione Marco Mascagna dopo il messaggio che trattava questo argomento. Trovo ciò inquietante e triste. E’ già iniziata la guerra
anche tra noi? Sono già diventato un nemico e un traditore? E’ questo un segno dell’idea di “libertà di pensiero” che abbiamo? E’ un segno della disponibilità al dialogo?
Penso che almeno tra noi la condanna dell’invasione russa sia unanime e che la volontà di trovare una soluzione anche. In fin dei conti si sta discutendo dei mezzi per raggiungere ciò. Non dimentichiamolo.
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