La Chiesa e la diversità sessuale
Marcelo Barros 30/06/2021, 21:13
Tratto da: Adista Documenti n° 26 del 10/07/2021
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In questi giorni, la Chiesa cattolica richiama l’attenzione della stampa internazionale per due questioni. La prima: mercoledì 17 giugno il vescovo Paul Gallagher, responsabile in Vaticano per i rapporti con gli altri Stati, ha consegnato all’ambasciata italiana presso la Santa Sede una nota in cui chiedeva al governo italiano di respingere una legge in corso di elaborazione in Senato. Questa è la legge che rende l’omofobia un reato e dichiara illegale qualsiasi manifestazione culturale, politica o religiosa che istighi le persone alla discriminazione sessuale e all’omofobia (Cfr. Corriere della Sera, 22/6/2021). Malgrado tanti gesti e parole di papa Francesco a favore dei migranti, il Vaticano non è mai ricorso a misure diplomatiche contro misure razziste e xenofobe del governo italiano. Ora, protesta contro questa legge, perché impedirebbe alle scuole e alle parrocchie cattoliche di fare proaganda contraria in occasione di eventi come la cosiddetta “Giornata nazionale contro l’omofobia”. Secondo il Vaticano, impedire a scuole e parrocchie di continuare a predicare contro la diversità sessuale è un attacco alla libertà religiosa della Chiesa.
La seconda: sempre in questi giorni, a Washington, l’Assemblea dei vescovi degli Stati Uniti ha approvato a maggioranza un documento che esclude dalla comunione eucaristica i cattolici che in differenti modi manifestano a favore di qualsiasi tipo di aborto, anche terapeutico. Dall’elezione di Joe Biden, questa è stata la questione più importante per molti vescovi cattolici del Paese (Cfr. Público, Lisbona, 21/06/2021).
La maggior parte dei vescovi statunitensi non parla mai della struttura sociale e politica che fa precipitare nella povertà 44 milioni di persone. Non si sono mai espressi contro la polizia che così frequentemente attacca, ferisce e uccide persone di pelle nera. Non hanno mai negato la comunione a presidenti che provocano guerre e uccidono migliaia di persone solo per far aumentare il loro consenso nei sondaggi d’opinione. Non hanno mai pensato di negare la comunione alle persone razziste, ma quando si tratta di aborto, matrimonio gay o qualche altra questione di morale sessuale, allora alzano la testa.
I sondaggi rivelano che, negli Stati Uniti, la maggioranza dei cattolici non è d’accordo con la posizione ufficiale della Chiesa sulla morale sessuale. In tutto il mondo, quando si parla di sesso, si allarga il solco tra pastori e fedeli. Il papa parla di sinodalità e consultazione con le basi, ma ci sono temi tabù sui quali molti pastori non accettano il dialogo.
In tutto il mondo, vescovi e sacerdoti sono per lo più persone etiche e rette. Tuttavia, nella struttura del clero, c’è ancora una cultura della preoccupazione per l’apparenza e per il moralismo ipocrita che non favorisce la testimonianza del Vangelo di Gesù. In Brasile viviamo situazioni politiche sulle quali è proprio impossibile tacere. Epperò, nella maggior parte dei pronunciamenti episcopali sulla politica i vescovi ripetono frasi generiche sulla giustizia e sul diritto. L’impressione che hanno molti cattolici è che la presidenza della CNBB prenda una posizione chiara e forte solo quando la questione è legata alla morale sessuale. Molte persone si chiedono cosa si celi dietro la malsana ossessione sessuale che sembra ancora dominare non pochi vescovi, preti e gruppi cattolici tradizionali.
Chiunque vada oltre la lettura fondamentalista della Bibbia sa che non può applicare letteralmente i precetti tribali della cultura antica alla realtà di oggi. Ai nostri giorni, pochi gruppi cristiani si esprimono contro la trasfusione di sangue perché la Bibbia lo vieta. Nessuno difende la schiavitù perché la Bibbia lo permette. Come spiegare che ci sono ancora vescovi e sacerdoti che usano argomenti biblici per spiegare la loro omofobia? Dovrebbero ascoltare le parole di Gesù quando disse ai dottori della legge che condannarono la donna adultera: «Chi è senza peccato scagli la prima pietra».
Parlando di peccato, Gesù accusa i religiosi del tempio per la loro arrogante santità e la loro avversione per il rituale. Ma in nessun punto del vangelo si preoccupa della questione sessuale. Nessuna pericope dell’Antico o del Nuovo Testamento si occupa di omoaffettività o di qualsiasi problema di etica sessuale nella società umana. Legittimare l’omofobia e prendere posizione contro la diversità sessuale a partire dalla lettura dei testi biblici fuori del loro contesto è ripetere il formalismo farisaico che Gesù condannò quando disse ai suoi discepoli: «Avete udito ciò che si diceva agli antichi. Adesso però vi dico un’altra cosa…». In questa XIII domenica del Tempo ordinario dell’anno B, Marco racconta di due guarigioni compiute da Gesù (Mc 5,21-43). La rianimazione della ragazza figlia di Giairo – che soffriva di emorragia e per questo era considerata peccatrice ed emarginata – è assunta da Gesù come una sorta di cornice per la scena centrale. Il vangelo racconta di questa guarigione facendo di quella donna un simbolo di ogni persona che l’antica legge considerava impura. Ai nostri giorni, ci sono ancora persone considerate impure dalla religione rituale. Queste sono le persone che si identificano come LGBTQI+. Sono vittime di discriminazioni e violenze. È come se la società repressiva cercasse di aggredire e attaccare, in persone diverse, le insicurezze viscerali che la maggior parte degli uomini non vuole affrontare dentro di sé. Le persone LGBTQI+ non hanno bisogno di essere perdonate perché non hanno commesso alcun peccato. Al contrario, aiutano l’umanità ad assumere la diversità di genere come contributo alla fraternità umana che papa Francesco propone in Fratelli tutti.
È una contraddizione scandalosa: le Chiese cristiane che dovrebbero essere sacramenti di amorosa umanizzazione legittimano la discriminazione e la violenza. Se vogliono davvero essere strumenti di amore e di unità nella famiglia umana, le Chiese hanno l’obbligo di riconoscere, rispettare e valorizzare l’identità sessuale e l’orientamento di genere di tutte le persone. Ognuno di loro merita di essere chiamato/a figlio e figlia dai ministri di Gesù, così come Gesù chiamò quella donna guarita e ora parte della comunità.
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