Lettera a Repubblica di Aldo Bifulco
Caro Merlo,
il 12/ 13 giugno prossimi sono dieci anni dal Referendum del 2011, quando 26 milioni di Italiani hanno votato i due quesiti referendari: l’acqua deve uscire dal mercato e non si può fare profitto su questo bene comune.
Si sono dati il cambio otto governi, con diverso orientamento politico, ma il risultato del referendum che ha visto la schiacciante vittoria popolare che ha sancito il principio che “l’acqua la madre della vita” non diventi merce e perciò sia affidata alla gestione pubblica, è sepolto in qualche cassetto. E per giunta entro l’anno l’acqua sarà quotata in borsa a Wall Street, trattata come merce, al pari del petrolio. La politica appare ancor più asservita alle lobby internazionali che guardano all’acqua come interessante risorsa da sfruttare per il proprio profitto già oggi, ma soprattutto in un prossimo futuro.
Non mi pare che la questione sia trattata in modo conveniente nei quotidiani nazionali e mi meraviglia che , tranne qualche piccola avanguardia, non ci sia una diffusa protesta popolare per questo evidente tradimento della democrazia perpetrato in questi anni.
Anche le chiese potrebbero fare di più, sollecitate dalle indicazioni di papa Francesco, che nella “Laudato Si’”, parla dell’acqua come “diritto alla vita”.
Ora alcune forze politiche si apprestano ad organizzare un altro referendum , sulla giustizia (chissà perché?), senza avvertire minimamente la necessità di porre riparo a questo sacrosanto diritto del popolo calpestato 10 anni fa.
Distinti saluti
Aldo Bifulco
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