Lettera di Dea Santonico della Comunità cristiana di base di San Paolo
Carissimi tutti, carissime tutte,
vorrei idealmente arrivare a ognuno/a di voi, sorelle e fratelli che, dentro la Chiesa cattolica o ai suoi margini, percorrete un cammino di fede, o che, sentendovi esclusi, ve ne siete allontanati.
Sono qui a rendere testimonianza di un grido di dolore, quello che ho sentito sollevarsi dal mondo a cui sento di appartenere, come mamma di un ragazzo gay, il grido dei cristiani omosessuali e trans e dei loro genitori, in seguito alla dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla benedizione delle coppie omosessuali del 15 marzo: “La Chiesa non dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso”.
Di pochi mesi fa l’udienza in cui il papa ha accolto noi genitori di ragazzi/e LGBT. Ho visto lacrime di gioia brillare negli occhi di alcuni genitori. Felici, dopo anni di smarrimento, di dolore e di vergogna, di sentirsi accolti dal papa. Ma nessuno di loro accetterà mai un’accoglienza che chieda ai loro figli e figlie di mutilarsi del loro desiderio di una vita affettiva, della gioia di costruire una relazione ed un futuro con la persona che amano.
Un giorno mi è scappato di dire: “Se c’è un inferno degli omosessuali, è lì che voglio andare”. Ho sentito poi altre mamme prenotarsi per quell’inferno. Inferno a parte (il discorso sarebbe troppo lungo), davanti a chi è pronto a giocarsi la propria vita, anche quella dell’aldilà, per amore, non c’è storia, non c’è partita. Perché davanti alla forza dell’amore, qualsiasi dottrina impallidisce. Chi ci si contrappone perde. Lo sappia la Congregazione per la Dottrina della Fede.
E il mio pensiero va a chi quell’esperienza di genitore e di persona LGBT non la vive, come me, camminando insieme ad altri, va a chi la vive nella solitudine, nella disperazione, senza strumenti per affrontarla, nascondendosi. Va a quei piccoli sulle cui spalle la Congregazione per la Dottrina della Fede, con le sue parole, ha posto un peso insostenibile, un macigno che li schiaccia. Al loro grido di dolore non è dato neanche di trovare la strada per uscire fuori, gli rimarrà soffocato in gola. Non ci disturberà. E mi tornano in mente le parole di Gesù nel vangelo di Matteo: “Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Che quel Dio, che si fa non solo vicino ma complice dei piccoli, possa perdonarci! E se Dio ha voluto che i suoi segreti rimanessero custoditi nei cuori dei piccoli, dobbiamo imparare a leggere quei cuori per carpire i segreti di Dio. Ma in questo la dottrina non ci aiuterà.
Sono loro gli scartati della nostra Chiesa. Dobbiamo sanare questa piaga per essere credibili nel denunciare gli scarti della società del profitto, nel metterci dalla parte degli scartati della società globalizzata. Non lo siamo se gli scarti ce li abbiamo in casa, e tra gli scarti buttiamo via l’amore di chi vive una relazione omosessuale.
Carissimi/e, che quell’ “I care” di Don Milani risuoni nei nostri cuori, perché ciò che riguarda gli esclusi/e del nostro tempo ci riguarda, e se c’è chi quell’esclusione la vive dentro la nostra Chiesa, ci riguarda di più, qualunque sia il ruolo o il non-ruolo che ricopriamo. Camminiamo insieme, perché quello sguardo nuovo, che ha permesso a molti genitori di vedere il bello che c’è nei loro figli e figlie LGBT e nelle loro relazioni affettive, possa contagiare la Chiesa tutta. Perché non capiti che altri, in preda alla disperazione, si allontanino, mettendo Dio, insieme alla Congregazione per la Dottrina della Fede, in un unico pacchetto da cestinare. Dio non lo merita e loro non meritano di essere allontanati dal suo amore.
Dea Santonico (dea.santonico@gmail.com)
20 marzo 2021
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