Celibato, sessualità e potere
16 gennaio 2020
Giovanni Lamagna
Si sa da tempo che nella Chiesa cattolica esistono due anime. Lo si sa almeno dai tempi del Concilio Vaticano II, quando, dopo un lunghissimo periodo nel quale aveva dominato l’anima conservatrice, in certi casi del tutto reazionaria, si era affermata finalmente un’anima più innovatrice e progressista, con Giovanni XXIII prima e con Paolo VI dopo.
Poi col pontificato di Giovanni Paolo II, divenuto Papa nel 1978, era ritornata in auge l’anima conservatrice e restauratrice, che era rimasta egemone anche con papa Ratzinger (Benedetto XVI).
Le dimissioni di quest’ultimo nel 2013 (fatto straordinario nella storia della Chiesa e, quindi, di per sé innovativo, se non altro per la rottura di una storica tradizione, che voleva i papi eletti e incaricati a vita) hanno inaugurato una nuova stagione di apertura.
Papa Bergoglio ha poi fatto il resto: ha recuperato fino in fondo e con molta decisione il senso profondo del Concilio e anzi lo ha rilanciato ancora più in avanti. Ha aperto di nuovo la Chiesa al dialogo col mondo e con l’umanità, si è dimostrato più il Papa della misericordia che quello dell’ortodossia, pur senza rompere con l’ortodossia.
A questo punto è insorta l’istanza conservatrice e in alcuni casi apertamente reazionaria presente nella Chiesa, che ha cominciato ad organizzarsi e a scatenare vere e proprie campagne di critica e di opposizione alla nuova linea vaticana.
L’ultimo episodio – quello forse più clamoroso – è stato l’annuncio della prossima pubblicazione in lingua francese di un libro, “Des profondeurs de nos coeurs” (Dal profondo dei nostri cuori) a doppia firma: quella di un cardinale di origine guineana, tale Robert Sarah, già noto per le sue posizioni conservatrici, e (ciò che ha sollevato enorme scalpore appena si appresa la notizia) quella del papa emerito Benedetto XVI.
In apertura del libro sia il papa emerito che il cardinale si premurano bene di presentarsi come due “vescovi” che in “filiale obbedienza a papa Francesco” “cercano la verità” in uno “spirito di amore per l’unità della Chiesa”. Lontani, quindi, dall’ “ideologia” che “divide” e anche da “litigi di persone, manovre politiche, giochi di potere, manipolazioni ideologiche e critiche piene di acredine che fanno il gioco del diavolo, il divisore, il padre della menzogna.”
Però poi dichiarano, citando sant’Agostino, di non poter tacere (“Silere non possum”) di fronte alle decisioni prese dal recente Sinodo dedicato all’Amazzonia, in cui è stata votata, da una maggioranza dei due terzi dei vescovi presenti, la proposta di ordinare al sacerdozio dei diaconi permanenti, quand’anche sposati, per sopperire alla mancanza di ministri del culto in quella regione del Brasile.
Il cardinale Sarah chiede esplicitamente al Papa di non dare applicazione a tale proposta sinodale, usando le seguenti accorate parole: “C’è un legame ontologico-sacramentale tra sacerdozio e celibato. Qualsiasi indebolimento di questo legame metterebbe in discussione il magistero del Concilio e dei papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Supplico papa Francesco di proteggerci definitivamente da tale eventualità ponendo il veto a qualsiasi indebolimento della legge del celibato sacerdotale, anche se limitato all’una o all’altra regione… La possibilità di ordinare uomini sposati rappresenterebbe una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio.”
Benedetto XVI aggiunge di suo che il celibato sacerdotale risale alle radici ebraiche del Cristianesimo e deriva dal modello di Cristo che nei suoi anni di vita terrena si mantenne celibe.
Questa “astinenza ontologica” non significa – scrive il papa emerito – “disprezzo per la corporeità e la sessualità”, ma una scelta deliberata. Del resto anche “nella Chiesa antica”, cioè nel primo millennio, “gli uomini sposati potevano ricevere il sacramento dell’Ordine solo se si erano impegnati a rispettare l’astinenza sessuale” con le loro mogli, sul modello di san Giuseppe.
Queste prese di posizione ovviamente hanno scatenato un putiferio sui mass media e nell’opinione pubblica, non solo cattolica, come era naturale che fosse. Ciò sembra aver suggerito al papa emerito di ritirare la sua firma dal libro che sta per uscire. Questo però non elimina (se non molto parzialmente) il polverone oramai sollevato.
Non cancella, soprattutto, l’impressione (a dire il vero qualcosa in più di una impressione) che le figure dei due Papi (quello attualmente in carica e quello emerito) simbolizzino, quasi materializzino fisicamente, con le loro idee e il loro modo di intendere la gestione contemporanea della Chiesa cattolica, due posizioni teoriche (cioè teologiche) e pratiche (cioè pastorali) ben distinte, se non addirittura contraddittorie o, perfino, opposte, dietro cui si schierano due popoli della Chiesa solo formalmente uniti, in realtà arrivati oramai al limite della inconciliabilità.
Il tema del celibato dei preti è solo uno dei tanti temi che li divide. Anche se esso è quello simbolicamente più significativo. Per cui vale la pena spenderci qualche riflessione.
Perché è così importante questo tema, per molti nella Chiesa addirittura decisivo, tanto è vero che, se venisse meno il celibato dei preti, alcuni, come il cardinale Sarah, parlano di una vera e propria “catastrofe pastorale”? Io credo che la risposta a questa domanda sia semplice, anche se niente affatto semplicistica. Provo a darla, dal mio punto di vista di uomo laico, quindi estraneo alle vicende della Chiesa e al suo dibattito interno, ma comunque molto interessato ad entrambi.
Come appare a tutti evidente il tema del celibato attiene a quello più vasto della sessualità. E per secoli la sessualità ha occupato ampio spazio nel dibattito sulla morale, in modo particolare in quello della Chiesa. Non a caso e non a torto molti ricordano ironicamente che per secoli il sesto comandamento è stato considerato quello più importante; non solo – a dire il vero – dalla Chiesa cattolica, ma in modo particolare da questa.
E perché tanta importanza attribuita ai temi della sessualità nella condotta morale degli uomini? Perché la “morale” sessuale è uno dei modi, forse il più semplice e, quindi, anche il più forte e decisivo, per instaurare un controllo sulle coscienze degli uomini, attraverso l’introiezione della sequenza “peccato/senso di colpa/esclusione dalla comunione ecclesiale/pentimento/confessione/riammissione alla comunione ecclesiale”.
Far sentire in colpa i cristiani (ma non solo) per le loro condotte sessuali è stato per secoli un modo per intimorirli e tenerli psicologicamente sottomessi, sudditi, “fedeli” alla gerarchia (a voler usare un termine blando, che ben si addice ai credenti, agli uomini iscritti ad una Chiesa).
Io arrivo a dire (tenendo conto sia della lezione freudiana che di quella marxiana) che la morale sessuale è per le coscienze, per la psiche delle persone, ciò che la proprietà dei mezzi di produzione è per i rapporti di classe all’interno delle società: sono entrambe strumenti di gerarchizzazione, sottomissione e, quindi, di potere.
Ora, se questa premessa teorica è vera, è facile dedurne che mettere in discussione la morale sessuale tradizionale o anche solo mettere in discussione alcuni canoni teologici che hanno a che fare con la sessualità, come il celibato dei preti (ma la stessa cosa la potremmo dire per il sacerdozio delle donne o per l’Eucarestia ai divorziati) mette in discussione, anzi sconvolge, logiche e assetti di potere, su cui si è retto il potere (in questo caso il potere ecclesiale-gerarchico, ma potremmo dire la stessa cosa anche di altri poteri) per secoli, anzi per millenni.
Ecco perché una questione in sé molto limitata e, in fondo, persino un po’ banale, come quella del celibato dei preti, diviene agli occhi di alcuni cattolici tradizionalisti, specie delle gerarchie ecclesiastiche che rientrano in questa categoria, una questione di vita o di morte. Perché, se si “aprisse” su tale questione, si aprirebbe un varco, una vera e propria voragine, crollerebbe tutto un sistema di pensiero teologico, su cui si reggono strutture di potere plurisecolari.
E’ per questi motivi, dunque, che anche per noi laici non è e non deve essere indifferente l’esito di questo dibattito, anzi di questa vera e propria battaglia che si sta svolgendo all’interno della Chiesa. Perché da questo esito dipenderà in una parte non poco significativa anche lo sviluppo in senso progressivo o, all’opposto, la regressione in senso conservativo-reazionario della coscienza morale complessiva della intera Umanità.
Giovanni Lamagna
Commenti recenti