Gaetano Placido: fede e politica
È molto difficile ‘ricordare’ una persona che non si è mai dimenticata.
L’oblio è un velo che copre la realtà, rendendola impalpabile. È rimozione e nascondimento, allontanamento dalla coscienza e riduzione all’invisibilità.
Ebbene, dopo un anno nessun velo ha oscurato la presenza di Gaetano tra di noi, ancora vivo e interagente con le tensioni più profonde del nostro animo.
Egli è più che mai ‘visibile’ attraverso le cose che ha detto e ha scritto, frutto della volontà di confrontarsi non solo con gli amici più cari, ma con il maggior numero possibile di persone, nella certezza che solo attraverso il dialogo si possa aspirare ad una crescita autentica e duratura.
Giunto all’impegno politico e sindacale dopo un’intensa e lunga militanza nell’associazionismo giovanile di matrice cattolica e poi nel movimento delle Comunità cristiane di base, Gaetano ha sempre vissuto in modo non conflittuale il nesso tra fede e politica, che, nel suo modo di sentire e pensare, costituivano due realtà inscindibili e complementari. Egli era convinto che una fede disincarnata e vissuta solo nel ripiegamento della coscienza su sé stessa fosse una sterile astrazione e, allo stesso tempo, credeva che un impegno politico disancorato da una forte tensione etica e valoriale producesse soltanto un vuoto attivismo, destinato a non lasciare tracce nel flusso vorticoso delle vicende storiche.
Pertanto, senza grandi conflitti interiori, Gaetano ha vissuto, con limpida naturalezza, l’intreccio fecondo tra fede e politica, sperimentando la bellezza di una fede che si renda costantemente ‘visibile’, come ‘sale’ e ‘luce’ nel mondo, e l’efficacia ‘rivoluzionaria’ di una politica radicata nell’etica e vissuta costantemente a servizio della comunità e nell’ottica del bene comune.
Questo è senza dubbio il grande insegnamento che, con semplicità e mitezza, Gaetano ha lasciato in eredità ai fratelli delle Comunità di base e ai compagni del sindacato.
Per quanto riguarda, nello specifico, la Comunità cristiana di base del Cassano di Napoli – alle cui attività, da molti anni, Gaetano partecipava da protagonista – le sue idee e la sua testimonianza costituiscono un serbatoio a cui attingere tutt’oggi, nel momento in cui la Comunità tende sempre più ad aprirsi all’esterno, per vivere compiutamente nella storia e tra la gente l’invito di Papa Francesco ad “una chiesa in uscita”, che sappia rinunziare in modo definitivo alla propria autoreferenzialità.
Gaetano, infatti, ha sempre vissuto la sua fede cristiana tra gli altri e per gli altri, non derogando mai alla luminosa visibilità a cui la sequela di Cristo chiama ineludibilmente. Non si può essere ‘sale’, senza essere anche ‘luce’ e viceversa (cfr. Mt. 5, 13-16). Difatti è la luce a rendere visibile l’azione invisibile del sale, creando le condizioni perché l’annuncio di Cristo, liberatore degli ultimi, possa essere accolto.
Gaetano aveva ben compreso questa fondamentale verità e la conseguente necessità di uscire dall’ombra per vivere in piena luce una fede aperta al dialogo.
Era affascinato dal passo evangelico in cui le istanze della luce e del dialogo assumono accenti poetici e profetici: Ciò che vi dico nelle tenebre, ditelo in piena luce, e ciò che vi si dice all’orecchio predicatelo sui tetti (Mt. 10, 27).
Da queste idee e da questa sensibilità scaturiva la grande passione per il giornalismo e per la scrittura che ha segnato tutta la vita di Gaetano, fin dalla prima giovinezza, costituendo lo strumento privilegiato sia per annunciare la fede in Cristo, sia per elaborare, in modo analitico, la sua passione politica. Mite nell’espressione verbale, il suo periodare si svolgeva con altrettanta ‘mitezza’, accattivando il lettore e disponendolo all’ascolto e al dialogo.
Pertanto, si può dire – concludendo – che la scrittura e l’attività di giornalista pubblicista abbiano costituito per Gaetano il collante tra fede e politica, consegnandolo alla memoria dei suoi non pochi lettori e all’affetto indelebile dei suoi più cari amici e compagni.
Mario Corbo
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