20 giugno Giornata mondiale del rifugiato
da UFFPOST
Pierantonio Panzeri
Europarlamentare e Presidente della sottocommissione per i Diritti umani al Parlamento europeo
Secondo l’UNHCR, oggi nel mondo sono 70 milioni le persone costrette a fuggire dai propri Paesi in cerca di condizioni di vita accettabili. Tra queste ci sono oltre 25 milioni di bambini. Si tratta del numero più alto mai registrato nella storia moderna.
Sono dati importanti da sottolineare oggi, 20 giugno, nella Giornata internazionale del rifugiato, ma che dovremmo tenere sempre a mente.
La disinformazione su questo tema, soprattutto in Italia, continua a essere varia e pericolosa: c’è chi dipinge i fenomeni migratori come una violenza nei confronti dei Paesi di approdo, senza considerare le radici della questione.
La verità, spiegata dai dati dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, è che in Italia gli sbarchi e le richieste di asilo si stanno riducendo. Il 31 dicembre del 2017 sul nostro territorio risultavano 184mila migranti (il dato più elevato degli ultimi anni), mentre a fine maggio di quest’anno le presenze sono scese a 113mila.
Un simile sguardo può essere esteso all’Europa che presenta un solo Paese tra le prime dieci nazioni che più accolgono, la Germania. È invece la Turchia il Paese che continua a ospitare il maggior numero di persone (alla fine del 2018 erano 3,7 milioni). La questione quindi c’è, si manifesta con numeri importanti, ma soprattutto lontano dai nostri occhi.
Il fenomeno migratorio, proprio per le sue caratteristiche intrinseche, è un fenomeno globale ed è proprio attraverso un approccio globale che deve essere affrontato.
Servono strategie coordinate a livello internazionale che permettano di affrontare le cause che costringono 70 milioni di persone ad abbandonare le proprie case. E prima ancora serve che l’Unione europea adotti una politica comune in questo senso, per poter finalmente essere protagonista con un’unica forte voce nel raggiungimento di un disegno chiaro di azione.
Esternalizzare le frontiere, confinando il problema oltre le acque del Mediterraneo, non serve: questa strategia ha avuto il solo risultato di creare un limbo nei Paesi del Nord Africa, in particolare la Libia, dove l’assenza di un governo forte ha permesso a trafficanti di persone di prendere il potere e di spadroneggiare in campi di detenzione dove i migranti che arrivano da tutta l’Africa si trovano soffocati in un imbuto di violenze e maltrattamenti.
Ripartiamo dalla riforma del Regolamento di Dublino, già approvata dal Parlamento europeo, ma strozzata dagli egoismi nazionali. Ripartiamo da accordi commerciali che rispettino i diritti umani e i diritti dei lavoratori nei Paesi terzi, in modo che questi possano costruire un futuro nelle loro terre.
Ripartiamo smettendo di vendere armi ai Paesi che perpetrano guerre costringendo i civili a fuggire, quando riescono a sopravvivere.
Ma ripartiamo subito anche dai 43 richiedenti asilo che da più di una settimana si trovano bloccati al largo di Lampedusa dopo essere stati salvati dalla Ong tedesca Sea Watch.
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