INTERVENTO DI ENZO CORTESE ALL’INCONTRO CON I GIOVANI DEL 25 APRILE 2018
Introduzione
Voglio innanzitutto ringraziare tutti i presenti per aver dedicato questa giornata di festa a questo evento. Tutti avete aderito con grande disponibilità, insieme alle vostre famiglie. La presenza di tanti bambini è veramente motivo di grande gioia per tutti. Chi non è potuto essere qui oggi, soprattutto per motivi di lavoro, ha comunque fatto pervenire un suo messaggio di vicinanza. Grazie ancora.
Un altrettanto forte ringraziamento va alla famiglia Monteasi che ha generosamente e con partecipazione messo a disposizione questa bellissima struttura che è la cornice ideale per questo tipo di incontri.
La Comunità Cristiana di base del Cassano quest’anno compie 50 anni di vita. Una tappa importante che merita un momento di riflessione e di festa. Così come è avvenuto in occasione dei primi 25 anni, anche ora abbiamo previsto un evento analogo a fine anno. E proprio in preparazione di ciò abbiamo voluto incontrare quanti hanno condiviso con noi, in tutto o in parte, il nostro cammino. Lo abbiamo già fatto con i gruppi ed i singoli e lo facciamo oggi con voi, “i figli della comunità” che insieme a noi siete stati protagonisti di un tempo fondamentale della vita della Comunità.
Qualcuno fra di noi si riferisce a voi come ai “giovani” della Comunità. Io personalmente non userò questo termine nel mio intervento. Non perché voglio evitare confronti anagrafici; anch’io, del resto, prossimo alla sessantina, mi considero un “giovane” della compagnia. Ma perché ritengo che la categoria sociologica “giovani” voglia significare poco in questo contesto.
Io parlerei, più correttamente, di una “prima e seconda generazione”; di gruppi di persone, cioè, nati in generazioni diverse, è cioè in contesti storici e sociali di per sé diversi; e che quindi, in quanto tali, hanno avuto esperienze condivise, ma necessariamente diverse e diversificate.
Qual è allora il senso che vogliamo dare a questa giornata.
Ritengo, come già detto nell’incontro con i gruppi, che sia oggi importante FARE MEMORIA, COLTIVARE la MEMORIA del nostro divenire; in un contesto storico dove le informazioni spesso “si consumano” e poi si gettano via, in una sorta di “alzheimer collettiva”, con una memoria cortissima, che si concentra solo sugli ultimissimi anni.
Così come è importante “COLTIVARE IL PENSIERO”, dare profondità e spessore alle nostre esperienze, contro un costume attuale che privilegia le semplificazioni, le banalizzazioni, gli slogans e le frasi fatte, ripetute ossessivamente, senza le opportune articolazioni e argomentazioni.
Pertanto, oggi non vogliamo fare una celebrazione, ma semplicemente raccontarci, confrontarci, magari partendo dal passato, ma per guardare al futuro, per acquisire elementi utili al proseguimento del nostro percorso. Se volessimo trovare un titolo per questo incontro io sceglierei “INSIEME per ANDARE OLTRE”.
Il nostro raccontare potrebbe partire da tanti temi, perché tanti sono gli ambiti in cui la comunità si è negli anni espressa, sia in termini di elaborazione teorica sia in termini di impegno pratico: la ricerca di fede, i temi sociali, politici, culturali ed altro.
Delle tante cose fatte, e che facciamo ancora, voglio qui citare solo alcune delle esperienze che ci hanno visto fianco a fianco: il Gridas, il Caffè Letterario di Scampia, il Recital “Bagliori di rogo” su G. Bruno, l’impegno ambientale nel Circolo Legambiente La Gru di Scampia (Progetto Pangea, Cento strade per giocare, Puliamo il Mondo), la Scuola di Pace, il sostegno al progetto per il Centro per i diritti dei bambini in Quià (Etiopia) promosso dall’Ass. “Forum Infanzia”. Alcune di queste esperienze vedono ancora alcuni di voi impegnati in prima persona.
Ne discuteremo più a fondo collettivamente nell’evento che stiamo preparando per fine anno, al quale speriamo voi stessi possiate dare un contributo diretto.
Come mio contributo alla discussione di oggi, ritengo opportuno, dato anche il tempo a disposizione, focalizzare due temi che mi sembrano particolarmente appropriati e trasversali: la comunità e l’esperienza religiosa.
Il tema della comunità. E’ indubbio che l’esperienza di 50 persone che riescono in un tempo così lungo a sperimentare una forma di condivisione delle proprie esperienze di vita (per quanto possibile considerando i vincoli del contesto esterno) costituisce un fatto eccezionale nel nostro panorama sociale. Mi sono sempre chiesto qual è stato il segreto di questo gruppo. Forse l’assenza di un leader carismatico.
Voi avete ovviamente respirato e vissuto questa esperienza particolare. Ricordo i molteplici “campi ragazzi” che ci hanno visto insieme.
Ebbene, mi chiedo quale valore voi date oggi a questo modello di comunità e che relazione vi è con i moderni modelli di aggregazione (social network, community su web); possono oggi queste comunità virtuali sostituire o affiancare, integrare il modello che abbiamo sperimentato insieme?
Collegato a questa tematica è l’argomento della continuità dell’esperienza, della trasmissione del messaggio fra le generazioni, di cui abbiamo spesso discusso in comunità. Ci siamo spesso chiesti quanto sia stato giusto e opportuno, e con quali modalità, tramettere i nostri valori ed acquisizioni, frutto di precise scelte, a voi nostri figli. E’ un problema che ha interessato la nostra generazione, ma che, sono sicuro, coinvolge anche voi verso la nuovissima generazione dei vostri figli.
Il tema dell’esperienza religiosa. Come voi ben sapete la Comunità è nata sulla matrice di un’esperienza di tipo religioso, sull’onda delle novità del Concilio Vaticano II. Purtuttavia, la sua ricerca di fede è sempre stata caratterizzata dalla libertà e dalla laicità verso le scelte di ognuno. Ecco perché oggi ci ritroviamo tutti, sia la prima sia la seconda generazione, con scelte religiose estremamente diversificate. E’ giusto ed auspicabile che sia così. Purtuttavia, potrebbe apparire che il tema religioso non sia argomento comune di discussione, in quanto relegabile nell’ambito delle scelte private ed intime di ognuno; ciò anche in ragione del carattere post cristiano e post religioso della società moderna.
Ritengo, però, che il tema della religione sia oggi più che mai attuale ed importante; per tutti, credenti e non credenti.
Ancora oggi il nome di Dio è usato, abusato, per dividere e non per unire. Nel nome di Dio ancora oggi si consumano violenze, persecuzioni, guerre.
Ed allora su questo tema, come comunità, sentiamo il bisogno di comunicare a che punto siamo nella nostra ricerca.
Ripercorrendo il nostro cammino di ricerca possiamo osservare che esso è stato caratterizzato da un continuo “togliere”.
Abbiamo “tolto” la nostra dipendenza dall’istituzione religiosa, affermando che si può essere credenti anche non appartenendo ad una chiesa, ad un’organizzazione religiosa. Qualcuno afferma che per essere autenticamente evangelici è bene addirittura “stare lontani” da un’istituzione, la chiesa cattolica, affetta da tanti mali e peccati.
Abbiamo “tolto” la nostra dipendenza dai dogmi affermando che si può essere credenti anche non aderendo a queste verità assolute, che la chiesa nel corso dei secoli ha in modo autoreferenziale affermato ed imposto;
Abbiamo “tolto” la nostra dipendenza da un’interpretazione letteralistica e fondamentalista delle scritture.
Abbiamo, quindi, continuamente “tolto”. Ma, la domanda nasce spontanea, per arrivare dove?
Oggi siamo proiettati alla ricerca di una “spiritualità” che non necessariamente debba coincidere con una religione (intesa come insieme di riti, credenze, istituzioni, ecc.).
Vi leggo, a tal proposito, una sintesi del resoconto del Gruppo di Lavoro condotto dalla nostra Comunità all’ultimo Seminario Nazionale delle Comunità di base svoltosi a Rimini nel dicembre scorso, dal titolo “Dalla religione alla spiritualità per andare oltre”.
Andare oltre, per un paradigma religionale caratterizzato da una spiritualità nuova: che arrivi al cuore e alla mente dell’uomo di oggi; che ci consenta sempre più di riconoscere Dio dentro di noi, in ogni cosa che facciamo, in quello che siamo, nell’umanità intera, nel cosmo intero; che ci consenta di umanizzare questo mondo, nel superamento del conflitto fra le religioni; che ci consenta di abbandonare definitivamente la gabbia dei dogmi; che ci consenta di elaborare nuovi sistemi di simboli e linguaggi coerenti con le nostre esperienze ed acquisizioni; che ci consenta di accettare e valorizzare, in piena libertà, percorsi diversificati delle esperienze di fede di ognuno.
Nella sequela di una persona, Gesù, che non ci chiede di iscriverci ad alcuna organizzazione (la chiesa), magari per separarci dal resto del mondo; che non ci chiede di adorare Dio in un tempio (come nella parabola della samaritana); che non ci ha lasciato un manuale di riti da compiere e di leggi da osservare, ma che ci chiede, nel nome di Dio, dello Spirito di Dio, del Principio universale dell’Amore, di riconoscerci tutti fratelli e (come nella parabola del samaritano) di essere semplicemente, profondamente, e solamente umani .
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