
A proposito della manifestazione promossa da Michele Serra.
Giovanni Lamagna
Non basta avere un avversario e neanche addirittura un nemico per definire la mia identità.
Non basta dire ciò che non sono e non voglio essere, per definire ciò che sono e ciò che voglio essere.
Ciò vale in generale, in tutte le cose della vita, e vale quindi anche nell’ambito, relativamente più ristretto, che chiamiamo “politica”.
Non basta, quindi, dirmi antifascista (come a suo tempo mi definivo antiberlusconiano) o antiputiniano o antitrumpista per dire chi sono politicamente.
Devo (o dovrei) poi dire anche per cosa, per quali obiettivi, sono, se voglio definire la mia identità politica.
E qui, all’interno di quelli che sono accomunati dall’anti, possono emergere (anzi sicuramente emergono) differenze così grandi e radicali, da rendere impossibili la nostra compresenza non solo in un’alleanza politica, ma anche in una stessa piazza dove viene convocata una manifestazione.
Che senso ha, infatti, ritrovarmi in una piazza che manifesta genericamente per l’Europa (argomento in questi giorni all’o.d.g.), se alcuni manifestano per l’Europa della von der Leyen e di Macron (lo ha detto esplicitamente e con la solita rudezza Paolo Mieli, parlando di sé), l’Europa che vuole spendere 800 miliari per il riarmo europeo (togliendoli ovviamente alle spese sociali, per le quali invece da decenni vale il famoso vincolo di bilancio) ed altri manifestano per un’Europa che recuperi l’antico spirito con cui l’avevano immaginata non solo i suoi padri ideatori (Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, mentre erano al confino a Ventotene), ma addirittura i suoi padri fondatori (Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman)?
Sarebbe questa una piazza che condivide certamente l’obiettivo tattico negativo, il comune avversario di questo momento (opporsi ai nazionalismi, ai sovranismi, a Putin, a Trump…), ma non condivide l’obiettivo strategico positivo (in che direzione vogliamo che vada l’Europa che abbiamo in testa).
Che non è una piccola differenza; è una differenza che cambia completamente, di 360°, la prospettiva e la direzione della propria azione politica e fa degli uni e degli altri addirittura dei veri e propri avversari politici.
Accomunati, sì, da un terzo comune avversario, ma comunque avversari anche tra di loro.
Chi crede, infatti, nell’Europa di Spinelli, Rossi e Colorni, nell’Europa della pace e dello Stato sociale, ritiene che siano stati proprio coloro che in questi anni hanno massacrato lo stato sociale ed oggi vogliono armarsi fino ai denti, addirittura recuperando “l’antico spirito guerriero” (vedi Scurati) che hanno aperto la strada ai nazionalismi, ai sovranismi, e favorito l’ascesa dei Putin e dei Trump.
Come potrebbero dunque gli uni e gli altri manifestare assieme, per cosa manifesterebbero, se le due Europa che hanno rispettivamente in testa sono così diverse, anzi opposte?
Se i primi ritengono che la causa principale per cui l’Europa è oggi in crisi siano proprio le politiche per cui si battono da alcuni decenni e ancora oggi si battono i secondi?
Se le medicine e le terapie che propongono i primi sono così diverse, anzi opposte, da quelle che propongono i secondi?
Per questo non vado alla manifestazione promossa da Michele Serra per il 15 marzo a piazza del Popolo a Roma.
Perché mi sembra la manifestazione degli equivoci, di una grande confusione ideale e programmatica: una grande ammucchiata, che non darà nessun vero slancio e rilancio allo spirito europeo; o almeno a quello che io considero e auspico come vero, giusto e autentico spirito europeo.
Quello in grado di contrapporsi davvero (in radice e non solo nelle loro forme estreme, più rozze e volgari) ai nazionalismi, ai sovranismi, ai Putin e ai Trump, agli Orban, ai Milei e ai Netanyahu vari disseminati nel mondo.
E non, addirittura, promuoverne e favorirne, indirettamente, l’ascesa e il trionfo; come mi pare abbia fatto e faccia l’europeismo delle von der Lyen, dei Macron degli Scholz e, per quanto riguarda noi italiani, dei Monti e dei Draghi.
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