Contributo ai Sinodi della Chiesa Universale e della Chiesa Italiana dalle Comunità Cristiane di Base italiane
Alla Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi
Alla Conferenza Episcopale Italiana
Carissimi fratelli vescovi,
come Comunità cristiane di base italiane, sentiamo importante accogliere il vostro invito a percorrere insieme un cammino sinodale, che veda la partecipazione ed il contributo di tutti e tutte, un cammino – come si legge nel documento preparatorio del Sinodo universale – che sia un “processo ecclesiale partecipato e inclusivo, che offra a ciascuno – in particolare a quanti per diverse ragioni si trovano ai margini – l’opportunità di esprimersi e di essere ascoltati per contribuire alla costruzione del Popolo di Dio”.
In questo spirito e con la speranza che questo Sinodo possa davvero essere un momento di autentico ascolto reciproco, vogliamo qui portare il nostro contributo.
Non è la prima volta che vi scriviamo in questo percorso sinodale. Alcune singole comunità hanno già inviato un loro contributo specifico al Sinodo, che racconta il cammino e le scelte che hanno fatto, frutto di approfondimenti biblici e dei momenti storici che si sono trovate a vivere. Inoltre abbiamo contribuito ad elaborare e vi abbiamo inviato proposte firmate insieme ad altri numerosi gruppi e realtà della Chiesa, che si sono messi in rete per condividere un pezzo di cammino sinodale, in particolare tre lettere, del maggio e dell’ottobre 2021 e l’ultima del 22 febbraio 2022 sul tema LGBT+.
Qui, come movimento delle Comunità cristiane di base nel suo insieme, ci limitiamo ad evidenziare i nodi che consideriamo essenziale sciogliere e che crediamo richiedano un radicale ripensamento da parte della nostra Chiesa sulla propria presenza e missione evangelizzatrice nella società, senza il quale la distanza sempre più percepita tra insegnamento del Magistero e vita delle persone seguiterà inevitabilmente a crescere.
Prima vogliamo però dire qualcosa di noi.
Le Comunità cristiane di base italiane (CdB) sono nate dall’intreccio tra gli stimoli scaturiti dal Concilio Vaticano II e il profondo desiderio di libertà che animava tante donne e tanti uomini del “neonato” Popolo di Dio. Le intuizioni innovative del Concilio, purtroppo non sviluppate, anzi represse negli anni successivi, hanno ispirato il nostro cammino e la nostra ricerca di fede, nel faticoso tentativo di mettersi alla sequela di Gesù e di vivere il messaggio evangelico nella nostra realtà di oggi.
Un cammino sinodale, il nostro, che dura da più di 50 anni, che non si è lasciato scoraggiare dalle chiusure praticate dalla gerarchia vaticana nei decenni successivi al Concilio; in questo cammino è sempre stato centrale il rispetto dei percorsi plurali delle singole comunità, collegate in rete.
Le strade su cui la nostra sequela di Gesù si è sviluppata e prosegue possono essere così schematicamente illustrate:
Riappropriazione comunitaria della Parola. È sempre stato centrale per noi lo studio della Bibbia, basato sul metodo storico-critico, per comprendere il testo calandolo nel periodo e nella cultura in cui è stato scritto, e sull’ermeneutica del sospetto, per far emergere parole, pensieri e profezie di donne, da un testo scritto da uomini che costringe il più delle volte le donne all’invisibilità e alla marginalità. Un approfondimento del testo che non è fine a sé stesso, ma che meglio ci permette di calarci dentro le nostre vite e di condividere con la comunità, partendo ciascuno e ciascuna da sé, le nostre riflessioni personali e i nostri vissuti, spingendoci ad interrogarci sul cambiamento di vita e la conversione che il messaggio evangelico ci chiede. Perché le donne passino dal silenzio e dalla sottomissione alla libertà e all’autodeterminazione, gli uomini dalla violenza della cultura patriarcale al riconoscimento della pari dignità di tutti gli esseri viventi, e perché per tutti e tutte siano centrali la solidarietà, la condivisione, il rispetto di tutte le differenze e l’impegno nelle lotte di liberazione. Questa ci pare la strada credibile e praticabile per l’affermazione della giustizia e della pace.
Riappropriazione comunitaria dei ministeri. Alla luce dell’insegnamento evangelico sui ministeri, intesi come servizio a cui discepoli e discepole sono invitati/e nei confronti della comunità, nelle CdB abbiamo cercato e ancora cerchiamo, non senza fatica e contraddizioni, di vivere comunitariamente i servizi necessari e utili, riconoscendo e valorizzando i carismi e le competenze di ognuno e ognuna. La formazione personale è frutto di ascolto, studio, scambio, riflessione e riconoscimento reciproco.
Riappropriazione comunitaria dei sacramenti. Le pratiche sacramentali, pur nella diversità delle varie esperienze comunitarie, hanno acquisito a poco a poco nel tempo la funzione di riti di inserimento, accompagnamento e consolidamento nella vita della comunità.
Centrale, in ogni CdB, è l’Eucarestia, memoria viva e costante dell’invito di Gesù a fare come lui, a spezzare il nostro corpo, a mettere la nostra vita a servizio delle persone che incontriamo e che hanno bisogno di aiuto, di solidarietà, di amore, ad immergerci nella quotidianità, riflettendo sui fatti sociali del nostro tempo alla luce dei principi evangelici e superando così la distinzione tra sacro e profano.
L’amore è celebrato, in particolare, nei riti matrimoniali, liberati dai limiti imposti da dottrine omotransfobiche, che riteniamo contrarie al “grande comandamento” evangelico dell’amore universale.
Le differenze tra le pratiche sacramentali delle diverse CdB dipendono anche dalla scelta di corrispondere ai desideri delle persone e delle famiglie: c’è chi vive il Battesimo come ingresso nella Chiesa cattolica, mentre per altri/e è la “presentazione” di figli e figlie alla comunità. La confessione individuale dei peccati è da molto tempo sostituita da forme diverse di confessione comunitaria, accompagnata dalla celebrazione del perdono. Infine, anacronistico è diventato, per le CdB, il sacramento dell’Ordine, proprio in conseguenza e funzione della centralità che, per la nostra vita di fede, ha via via assunto la dimensione comunitaria.
E veniamo ai nodi che auspichiamo i due Sinodi, pur nelle loro differenze, affrontino:
· Nel momento in cui scriviamo, nel quale la guerra è arrivata in Europa, vorremmo che ci fosse un pubblico ed esplicito “mea culpa” per la benedizione degli eserciti e delle armi spesso impartita da parte di singole conferenze episcopali. In particolare, per la Chiesa italiana, sarebbe un importante segno di testimonianza rinunciare al privilegio concordatario di avvalersi di cappellani militari inquadrati nell’esercito con gradi di ufficiali ed offrire semplicemente il servizio di assistenza spirituale senza inquadramento nei ruoli militari.
· È necessario un ripensamento dei ministeri nella Chiesa come servizio al Popolo di Dio, aperti a uomini e donne: il ruolo delle donne nella comunità, il servizio che intendono offrire, non possono che essere lasciati alla loro scelta. L’esclusione delle donne dalla presidenza della Cena del Signore è il segno di una Chiesa che ha dimenticato la parità voluta da Gesù, la sua scelta inaudita e scandalosa, ai suoi tempi, di circondarsi, oltre che di discepoli maschi, di un gruppo di donne, prime testimoni della sua resurrezione.
· Un’accoglienza delle persone LGBT+ che chieda loro di mutilarsi della propria sessualità e della possibilità di viverla non è una vera accoglienza. C’è bisogno di cancellare il marchio di sporco e di peccato impresso su di loro e sulla loro sessualità da secoli di dottrina cattolica. Non considerare le nuove conoscenze che ci vengono dalla scienza, e seguitare a parlare nel catechismo di “atti di omosessualità intrinsecamente disordinati”, fa violenza sulle persone, le incolpa per ciò che sono, le umilia e tradisce il messaggio di amore e misericordia di Gesù. Non ci sono gli “atti”, ci sono le persone con la loro dignità, i loro amori e la loro sessualità, dono di Dio. Lasciamo che quel dono si possa esprimere perché le tante forme di amore ci raccontino l’amore a tanti colori di Dio.
· La questione della pedofilia del clero, emersa in questi anni in molti Paesi, ha visto una diversa risposta da parte delle conferenze episcopali nazionali. Riteniamo necessario e urgente che in tutta la Chiesa la questione venga affrontata in tutti i suoi aspetti e che le conferenze episcopali, come la CEI, che non hanno ancora istituito commissioni indipendenti dalle gerarchie per esaminare il comportamento delle varie diocesi nelle loro nazioni, lo facciano al più presto.
· Chiediamo che la Chiesa cattolica si faccia promotrice della fratellanza che deve legare tutte le Chiese cristiane, aprendosi alla ospitalità eucaristica verso tutti i seguaci dello stesso Gesù di Nazareth. Questo porterebbe serenità in tutti e tutte a partire dalle famiglie formate da coniugi appartenenti a Chiese di confessioni diverse.
· Esprimiamo la speranza di trovare, come Chiesa, il coraggio di riguardare con onestà, alla luce del Vangelo, il percorso fatto negli ultimi cento anni almeno, riconoscere gli errori, chiedere perdono a coloro che sono stati offesi ed esclusi. Imparare a dire “abbiamo sbagliato”: una parola di verità per poter essere credibili in quello che diciamo.
Le Comunità Cristiane di Base italiane
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