Liberare Gesù dalle immagini del passato
TESTIMONE E PROFETAGesù profeta e testimone di Dio precede l’interpretazione teologica che i suoi seguaci hanno dato della sua persona e della sua esperienza. Questi hanno fatto coincidere con la proposta essenziale cristiana anche certe teorizzazioni secondarie che erano frutto di determinate culture o concezioni del loro momento storico. Sono state le cristologie, le teorie, i discorsi accademici su Gesù a compromettere la sua immagine e a dividere la moltitudine dei credenti in lui. Il Gesù dei vangeli dovrebbe perdere i suoi tratti semitici originari, ma più ancora quelli ellenistici o asiatici che i primi pensatori hanno aggiunto, in seguito, alla sua persona. Questa demitologizzazione è la premessa per quell’evangelizzazione di tutte le genti di cui parla Mt 28,16-20. Paolo e il più grande apostolo di Cristo, ma il Cristo che egli annuncia è stato calato in moduli teologici giudaici (capro espiatorio, agnello pasquale, servo sofferente) che deformano, se non distruggono la sua testimonianza. Il paolinismo non è il cristianesimo e non lo è neanche il giovannismo, o l’agostinianesimo. Bisogna restituire a ognuno il suo e lasciare cadere dall’immagine di Gesù il veicolo culturale che l’ha fatto avanzare nel tempo. La deculturalizzazione non è certo opera semplice; rischia di diventare arbitraria, ma è essenziale per riscoprire il vero volto di Gesù Cristo e non confonderlo con le tinteggiature dei suoi ammiratori, dei primi come dei tempi successivi. La “parola di Dio” è sempre in incarnazioni temporali, contingenti; non s’identifica con nessuna di esse, né con quelle cristiane né con quelle ebraiche o di altre esperienze religiose. Le une e le altre hanno bisogno di una rilettura, revisione critica per arrivare al loro punto di partenza che è per tutte lo stesso poiché coincide con la “Verità”, l’Essere”, l’unico Dio. Il “vangelo perenne” non si trova in nessun libro sacro; è sempre da scrivere. Nessuno sa qual è l’ultima pagina, ma ognuno deve o può sapere quella che è chiamato a scrivere. Il vangelo di Dio è sempre antico e sempre nuovo, perché è un messaggio che sprigiona costantemente una nuova energia e una nuova ricchezza. La Chiesa annunzia il Cristo, ma insieme trasmette Platone o Aristotele e chiede per tutti uno stesso assenso, senza neanche dare la possibilità di distinguere le scorie dal grano (cfr. 1Cor 3,15-15). Forse c’è molta “paglia”, cioè parvenza di verità, nel bagaglio del predicatore cristiano, se pertanto potesse darlo tutto alle fiamme si troverebbe in possesso di un’immagine più genuina e più attraente di Gesù di Nazaret. Anche il Cristo del Nuovo Testamento è una raffigurazione idealizzata: se la si potesse riportare al “naturale” senza gli abbellimenti, i fronzoli, le titolature che i vari ammiratori vi hanno sovrapposto, ritroverebbe tutta la bellezza, il fascino che ha entusiasmato gli uomini della sua generazione e travolgerebbe anche quelli del momento presente, all’alba del terzo millennio. (Ortensio da Spinetoli)
31Sergio Docci e altri 30Commenti: 1Condivisioni: 4Mi piaceCommentaCondividi
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