ROSARIO CONTINUA A CAMMINARE CON NOI
GENNARO SANGES
Ciao Rosario!Ora che tutto è concluso, avverto il bisogno di ringraziare tutte le amiche e tutti gli amici che in queste ore hanno voluto esprimermi vicinanza e partecipazione al grande dolore per la morte di mio fratello Rosario. Un uomo buono, mite, semplice umile. Una mitezza però che si è sempre accompagnata ad un instancabile impegno per la giustizia sociale, i diritti dei lavoratori, la difesa degli esclusi. Come credente ha scelto l’impervio cammino delle comunità cristiane di base. Come laico per alcuni anni è stato un delegato sindacale di base della Funzione Pubblica Cgil, molto amato dai compagni di lavoro del Museo Nazionale. Nella sua vita ha seguito molto l’indicazione di Giorgio Gaber “La strada è l’unica salvezza”: è stato un grande camminatore e un bravo arrampicatore: lo chiamavamo “lo stambecco degli Abruzzi”. A questo proposito mi piace riportare un breve passaggio di un ricordo che gli ha dedicato mia figlia Paola.”Paolè, ti piace camminare, vero?” “Sì, Rosario, mi piace. Mi fa sentire libera”. Camminiamo insieme. Oggi prendiamocela tutta la carezza del vento, convocato qui per te. E’ proprio per te questa carezza: porta l’odore familiare del caffè e racconta di una stella alpina. Arriviamo fino in cima per vederla brillare questa stella, come brillano i tuoi occhi quando sorridi. E tu non lo sai, Rosario, ogni volta che ci sorridi ti spacchi di tenerezza. Troppa tenerezza, troppa”.Rosario ha finito i suoi giorni fra tante, troppe, ingiuste sofferenze, azzoppato a letto senza speranza. Ma la speranza cristiana promette “terre nuove e cieli nuovi”, dove potrà riprendere a correre, camminare, ad inerpicarsi su nuovi sentieri montuosi, lì dove si sentiva completamente libero. E che questa non sia solo poesia, come quelle che lui scriveva. L’ultima “O’ Saluto” la scrisse quando andò in pensione, dedicandola ai suoi compagni di lavoro. Così terminava: ” E quanno all’atu munno me ne vaco, nu consiglio: nun vi distubate… na’ tavulata, invece, nu brindisi a Rosario e pò …cantate”.Ciao, Rosario: la gioia e l’onore di averti avuto fratello!
MARIO CORBO
Caro Rosario,
immagino quale sia stata la tua sofferenza quando la malattia, impietosa, ti ha impedito di camminare, bloccandoti a letto.
Tu che hai ‘camminato’ una vita intera, percorrendo chilometri con l’agilità di una gazzella, pur portando molto spesso pesi in mano, che avrebbero dovuto rallentarti.
Ed eri sempre il più veloce, la tua andatura sicura e sciolta, il tuo volto sorridente, che diventava ironico quando ti fermavi e, volgendo lo sguardo all’indietro, vedevi noi che arrancavamo a distanza.
Allora ci aspettavi e, nel frattempo, ti accendevi un’altra sigaretta.
Così era a Napoli o nel Parco nazionale d’Abruzzo o nel Trentino Alto Adige: allo stesso modo affrontavi la salita della Doganella o quella di Forca Resuni o quella della Vetta d’Italia.
Su qualunque terreno eri il più veloce, l’apripista e lo sei stato fino a poco tempo fa.
Ora ti sei fermato, ma solo in apparenza.
La tua immagine di amico indimenticabile, sensibile e premuroso, geneticamente buono e naturalmente orientato al bene continuerà a farci da ‘guida’ nel nostro cammino e sarà sempre un passo davanti a noi, ricordandoci che la vita, con tutte le sue difficoltà, è una magnifica passeggiata da fare insieme alle persone che ci vogliono bene, aspettandoci reciprocamente nelle salite, quando l’ossigeno per respirare e andare avanti sarà scarso.
Caro Rosario, insieme a te abbiamo capito che il segreto di una vita felice consiste nel reciproco attendersi e nel darsi una mano quando la salita diventa ripida e sempre più difficile da superare.
Il più veloce attende il più lento, che si sforza di non fermarsi, e così fino alla vetta.
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