Il Grido della Terra, il Grido dei Poveri
(questo articolo sarà usato come presentazione della Comunità del Cassano ad uno dei laboratori del 10°é Convegno europeo delle CCB che si terrà a Rimini il 21 22 e 23 settembre 2018)
di Aldo Bifulco
La logica che sfrutta le classi e assoggetta popoli agli interessi di pochi paesi ricchi e potenti è la stessa che saccheggia la Terra spogliandola delle sue ricchezze, senza solidarietà verso il resto dell’umanità e verso le generazioni future. Il grido dei poveri appare articolato col grido della Terra (L. Boff).
Leonardo Boff, francescano teologo della liberazione, è sicuramente uno degli ispiratori dell’enciclica “Laudato Si’” di Papa Francesco. Un documento, tra i più organici ed incisivi, apparso nel panorama internazionale; un documento di indirizzo ma anche di dialogo che va oltre le frontiere confessionali, religiose e culturali, che proponiamo di considerare come uno dei testi base per la discussione.
Nel dibattito politico, invece, l’ambiente e l’ecologia (almeno in Italia) sono stati i grandi assenti, talvolta appena accennati, ma mai trattati in modo sistemico. Eppure l’ambiente può essere l’asse portante di una “nuova visione del mondo”, una finestra sul futuro, forse la “madre” di tutte le questioni. Ecologia ed economia sono etimologicamente e concettualmente “sorelle”, entrambe orientate a curare e amministrare la “casa comune”. Invece il modello economico, attualmente prevalente, l’economia globalizzata appare non solo insostenibile e incompatibile con la vita umana e del pianeta ma, profondamente ingiusto. Il divario tra ricchi e poveri si è allargato; il numero di “poveri assoluti” e di “poveri relativi” è in continuo aumento in Italia e nel mondo intero. Appare, quindi, senza fondamento la pretesa di accrescere gli standard di vita dei poveri, senza cercare di abbassare e trasformare quella dei ricchi. La “coscienza del limite” deve indurci a orientare i nostri stili di vita secondo i principi della sobrietà e della condivisione.
Dobbiamo cominciare a pensare ad un nuovo modello economico che implichi una diversa “governance delle città”, che contenga i principi della resilienza, l’innovazione sociale e la creatività. L’economia circolare, la rigenerazione urbana, la tutela del paesaggio e del patrimonio artistico e culturale, una politica energetica che favorisca in modo preponderante le energie rinnovabili, un’agricoltura capace di offrire cibo di qualità, di promuovere la tutela delle risorse naturali e la biodiversità e capace di bloccare l’erosione genetica, una politica delle risorse idriche che consideri l’acqua un bene “pubblico”, un diritto essenziale da garantire all’intera umanità, e poi spostare l’asse produttivo dalla produzione esclusivamente delle merci verso la produzione di sevizi: questi sono alcuni dei campi operativi che potrebbe rispondere alla pressante domanda di “lavoro”, soprattutto dei giovani, all’interno di un’economia più conviviale e più sostenibile.
In questo periodo storico l’umanità si trova ad affrontare una sfida decisiva: la crisi climatica planetaria. I dati forniti dagli scienziati sul riscaldamento globale sono allarmanti e qualcuno paventa che si tratti di un processo critico inesorabile, vicino al punto di non ritorno. E si comincia a parlare di una “sesta estinzione” di massa. “Gaia”, come pianeta vivente ha subito nei suoi 3,8 miliardi di esistenza parecchie crisi di discontinuità, ma ha una forte resilienza ed ha sempre trovato un nuovo equilibrio. La differenza sostanziale di questa crisi è l’inequivocabile radice antropogenica. E sarà proprio la specie che si è attribuita la denominazione di Homo sapiens, sapiens, responsabile della crisi per aver modificato gli equilibri della biosfera, a subirne le conseguenze con il pericolo della sua stessa sopravvivenza. Abbiamo perduto la “coscienza di specie”. I primi a soffrire dei danni provocati dalla crisi climatica sono ancora una volta “i poveri” che abitano i luoghi dove avanza la desertificazione, dove i disastri ambientali sono più probabili. I dati recenti diffusi dalla FAO ci segnalano che negli anni a venire dovremo confrontarci con circa 150/250 milioni di “rifugiati climatici”, quello si, un vero esodo biblico.
La gravità dei problemi ambientali rende necessaria e urgente una “consapevolezza ecologica” diffusa. Che faccia perno certamente su un’adeguata conoscenza scientifica delle problematiche, ma anche sulla capacità di riflettere sulla connessione di tutti gli esseri viventi, sulla nostra relazione con la Natura. E.O. Wilson, uno dei più grandi biologi viventi, afferma che “l’uomo si è trasformato in una forza geofisica capace di autodistruggersi. Per evitare una simile catastrofe propone un’alleanza tra le due maggiori forze della cultura, le tecnoscienze e le religioni. Queste aiuteranno la scienza ad essere etica e mettersi al servizio della vita e non del mercato. Le tecnoscienze aiuteranno le religioni a superare il loro fondamentalismo ed essere pedagogiche verso l’umanità insegnando non solo il rispetto dei libri e dei luoghi sacri, ma di tutti gli esseri e di tutto il creato”.
La consapevolezza ecologica è la base per una conversione ecologica. I richiami della natura verso una conversione ecologica rappresentano una vera parola profetica di Dio. Ogni spiritualità profonda inizia con l’ascolto di una parola che ci chiama alla conversione. “La spiritualità del creato insiste sulla giustizia non soltanto come realtà intra-umana, ma anche come geo-giustizia tra gli esseri umani e la Terra con tutte le sue creature…Nella lotta per la giustizia, la giustizia nei confronti delle foreste pluviali non può aspettare finché sia compiuta la giustizia tra gli esseri umani. Siamo troppo interdipendenti … i mistici lo hanno sempre saputo e ora anche la scienza contemporanea lo sta scoprendo …La compassione torna ad essere al centro della vita spirituale, essa non è altro che la messa in atto della nostra interconnessione; è la pratica di questa interconnessione…”(M. Fox)
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