Note di riflessione sul numero MicroMega 4/2018 “Potere vaticano. La finta rivoluzione di Papa Bergoglio”
di Mario Corbo
MicroMega, per una sinistra illuminista. Questo è il nome dell’autorevole rivista che ha dedicato un dossier a Papa Francesco, intitolato: “La finta rivoluzione di Papa Bergoglio” (4/2018), apparso in questi giorni in librerie ed edicole.
Il solo impatto col titolo del dossier, ancor prima di leggerne i contenuti, mi ha spinto ad immaginare il modo in cui vengono scelti gli argomenti, nel redarre una rivista, come MicroMega, espressione delle istanze di una sinistra illuminista.
Mi sono detto: si analizza, in grandi linee, il quadro sociale, politico e culturale, nazionale e internazionale, si colgono le emergenze e le contraddizioni più stridenti che confliggono palesemente con le prospettive di una sinistra illuminista e si tracciano le linee di un dossier che dovrebbe cercare di rischiarare, con i lumi della ragione, il buio in cui vagoliamo. Nel momento attuale, nella tragica contingenza in cui versa il nostro paese e l’Europa tutta, lacerati da politiche razziste e xenofobe che proditoriamente infliggono profonde ferite alla parte più debole dell’umanità – quella che è costretta a fuggire dalla morte certa per guerra o per fame – è naturale scegliere temi congruenti alla drammaticità della situazione, che richiede, soprattutto da parte della sinistra, riflessioni urgenti e prese di posizioni chiare e ineludibili. Il quadro politico nazionale e internazionale sta mutando profondamente in una direzione chiaramente antilluminista e oscurantista, per cui è ovvio che una rivista, come MicroMega, si cimenti ancora una volta su tali delicate questioni.
Il lettore affezionato alla rivista se lo aspetta, i redattori lo sanno, la scelta è obbligata, quasi scontata.
Invece – colpo di scena – chi troviamo in copertina del numero 4/2018?
Un noto oscurantista e antilluminista, un reazionario impenitente, un mentitore incallito: Papa Bergoglio.
Diciamo la verità: una scelta che è un vero colpo di teatro.
Il titolo, a dire il vero, appare poco incisivo: “Potere vaticano”. Per dare, forse, più risalto al sottotitolo, che risulta, al contrario, sorprendente: “La finta rivoluzione di Papa Bergoglio”.
Finta rivoluzione: Papa Bergoglio, un rivoluzionario fingitore.
Il sottotitolo, nella sua oscura densità concettuale, accosta tra loro due termini (finta/rivoluzione) che sorprendono il lettore, il quale si chiede subito: quando Bergoglio si è proclamato rivoluzionario? Quando ha mentito? In che senso ha mentito? Si è proclamato rivoluzionario, senza esserlo davvero e, quindi, è un mentitore ovvero ha mentito sui contenuti della sua rivoluzione, sostenendo idee a lui estranee o promettendo qualcosa che sapeva di non poter attuare?
Gli interrogativi si succedono a cascata nelle mente attonita del lettore potenziale che, nel coevo marasma ideologico, aveva ingenuamente creduto di aver trovato in Francesco un referente saldo e veritiero, una zattera a cui aggrapparsi per evitare l’annegamento, triste fine a cui, invece, sono fisicamente destinati, in questi giorni convulsi, tanti poveretti a causa delle politiche reazionarie dei governi europei. Ma questi sono ‘falsi’ problemi. Il problema ‘vero’ è smascherare la falsità di Papa Francesco. Questo è il problema vero!
Tali caotici pensieri hanno immediatamente sommerso la mia mente appena ho avuto tra le mani la rivista, addirittura prima di aprirla e leggerne i contenuti. In preda a grande timore poi l’ho aperta, con la sincera speranza di non aver capito bene le intenzioni degli autori. Invece, purtroppo, la lettura degli articoli ha incrementato il caos presente in me, a causa della inadeguatezza complessiva delle posizioni sostenute, mai corroborate da argomentazioni convincenti, che rivelano nessuna attenzione ‘amorevole’ alle parole e agli scritti del pontefice e, forse, neppure un interesse reale, ma soltanto la volontà di dimostrare come la sua ‘rivoluzione’ sia stata finora soltanto apparente e, quindi, ‘falsa’ e non abbia prodotto alcun vero cambiamento nella struttura monolitica della chiesa cattolica.
Prima di entrare nel dettaglio di alcune specifiche tesi proposte dalla rivista, vorrei fare ancora qualche osservazione di carattere generale.
Non mi risulta che Bergoglio si sia mai proclamato ‘rivoluzionario’. Credo che si sia posto, fin da subito, in modo coerente e cristallino, sulla scia dell’Uomo che ispira tutta la sua azione: Gesù di Nazareth. Cristo non era uno zelota, non ha mai agito da sovversivo in senso politico-sociale, cioè non ha inteso sovvertire le istituzioni reali all’interno delle quali si è svolta la sua missione, ma, nonostante ciò, ha profondamente segnato la realtà del suo tempo e del tempo avvenire, utilizzando solo due strumenti: la parola e i gesti da essa coerentemente ispirati.
Credo che Papa Francesco si muova costantemente all’interno di questo percorso che stringe idealmente tra loro le voci profetiche che, in ogni luogo e in ogni tempo, hanno parlato e agito in nome della giustizia, delle condivisione e dell’uguaglianza. La ‘linea profetica’ è una lunga linea rintracciabile nella storia che trova in Cristo un’espressione altissima, ma che già prima di lui e anche dopo di lui, attraverso i saggi di ogni cultura ed estrazione, riesce a lasciare tracce profonde nelle coscienze degli esseri umani. Papa Francesco appartiene di fatto a questa linea, per le parole e i gesti finora compiuti, che hanno ripreso, conferendo loro nuova vitalità, le istanze conciliari, tante volte rimosse dalle parole e dalle azioni dei precedenti pontefici. È un uomo che si sforza di far corrispondere i gesti alle parole, calandole nello stile di vita che persegue ogni giorno nella quotidianità.
Tutto ciò, però, pare non basti ai redattori di MicroMega.
Essi avrebbero voluto assistere all’improvviso crollo delle istituzioni di potere del Vaticano, colpite a morte dal Papa, novello Che Guevara. Non hanno capito che gli effetti delle parole profetiche si misurano nei tempi lunghi, anzi lunghissimi e che per ‘sopravvivere’ indenne nella realtà della curia vaticana e tentare di scalfire il potere plurimillenario delle sue strutture non occorre un’azione brusca e ‘violenta’, ma la tenacia e la lungimiranza che promana solo dalla forza ineguagliabile della fede in Cristo. Tutte le dichiarazioni di Papa Francesco, sia quelle apparentemente ‘improvvisate’ sia quelle elaborate e pubblicate, vanno in questa direzione: gettare un seme nella storia e nelle coscienze dei credenti cristiani e anche dei non credenti, consapevole che saranno tali coscienze a sovvertire e a modificare la realtà. Le coscienze in cui tale seme germoglia saranno i motori della trasformazione, non l’azione utopistica di un uomo solo che avrebbe dovuto rivoluzionare – mi chiedo in qual modo – nel giro di pochi anni le strutture del potere vaticano.
Eppure – sembra incredibile – proprio questo ritengono i redattori di MicroMega, che estrapolano e decontestualizzano alcune dichiarazioni di Bergoglio, per dimostrare la sua presunta misoginia, la sua debolezza nel combattere il fenomeno della pedofilia, le sue incertezze sulla questione omosessuale, la sua scarsa virulenza contro le roccaforti del potere vaticano, ecc, ecc., componendo un collage poco convincente che palesemente appare frutto di mero pregiudizio ideologico e rivela scarsa conoscenza della personalità e del pensiero di Papa Francesco.
Nello specifico, poco probante appare l’articolo di apertura, alla cui analisi vorrei dedicare qualche spunto di riflessione, data la sua valenza introduttiva che si rivela nel tentativo di tracciare le coordinate complessive del discorso. Esso, attraverso considerazioni sociologiche di carattere generale, dovrebbe far comprendere i termini della questione e individuare i fattori che avrebbero condotto – a dire dell’autore, il sociologo Marco Marzano – alla «Costruzione della star ‘Francesco’» (questo è l’inappropriato titolo dell’articolo).
Il contributo consta di quattro paragrafi, rispettivamente dedicati all’individuazione dei fattori che avrebbero dato vita a quel ‘fenomeno’ mondiale, chiamato Francesco. Il primo paragrafo, che si si intitola “Un papa ‘populista’: il colpo di genio del Conclave”, mira a descrivere il fondamentale fattore ‘genetico’, radice di ogni altro, che sarebbe all’origine della nascita della star internazionale, incarnata da Bergoglio. Tale fattore consisterebbe in una sorta di accordo segreto tra gli esponenti più influenti della dirigenza cattolica romana, per portare al soglio pontificio un personaggio in grado di “diventare fulmineamente una star di immenso successo” (p. 20), attirando i favori dell’opinione pubblica sull’istituzione ecclesiastica. Insomma, secondo questa ipotesi surreale, l’elezione di un pontefice “populista” (l’aggettivo mi pare usato secondo l’accezione culturale, diciamo, di ‘destra’, tanto di moda in questi giorni in Italia) avrebbe portato benefici all’intero apparato ecclesiastico, implementando le ragioni del suo potere immodificabile nel tempo. Francesco, in poche parole, sarebbe stato e sarebbe un mero burattino nelle mani dei poteri forti vaticani.
A dire il vero, tutto questo a me sembra una costruzione alla Dan Brown, avvincente dal punto di vista narrativo, ma assolutamente inconsistente sotto il profilo ermeneutico. Non mi pare si possa definire “populista” il pontificato di Francesco, nella connotazione chiaramente dispregiativa con cui l’aggettivo è utilizzato nell’articolo in questione, ma attento e aperto alle questioni etiche e politiche che ineriscono agli ultimi e ai sofferenti, che occupano sempre un posto privilegiato nei discorsi di Bergoglio, ma soprattutto in quelli di Gesù, sulla cui scia si muove costantemente l’attuale pontefice. L’ipotesi di un accordo segreto e consapevole per eleggere un “semisconosciuto vescovo sudamericano (p. 20)”, facilmente manovrabile dalle alte sfere è un’ipotesi non verificabile, che non apporta alcun elemento di analisi utile a decodificare le parole e i comportamenti di Bergoglio che, invece, appaiono ispirati unicamente dai valori del Vangelo e della Parola di Dio.
Il secondo fattore (“La stampa in adorazione” è il titolo del paragrafo in questione) che avrebbe determinato la nascita del fenomeno Bergoglio, come intangibile star mondiale, sarebbe l’adorazione incondizionata da parte della stampa internazionale che – non si capisce per quale motivo recondito – si impegnerebbe quotidianamente ad operare una sorta di beatificazione dell’attuale pontefice, celando volutamente le sue incoerenze, le sue mancanze e le sue ‘doppiezze’.
Insomma risulta delineata, nell’articolo in questione, la netta contrapposizione tra una stampa mondiale, nella sua quasi interezza serva o succube del potere (quale?), che consapevolmente omette di evidenziare le incoerenze di questo pontificato e le posizioni critiche di pochissimi (la stampa di destra, p. 24), che demonizzano Bergoglio invece di santificarlo, adottando peraltro un dispositivo simile a quello messo in atto dalla stragrande maggioranza dei media a lui favorevoli: “l’enfatizzazione di alcuni gesti e decisioni di importanza trascurabile che esagerano una discontinuità in realtà inesistente e la rinuncia a un esame analitico, critico e razionale dell’operato di Francesco” (p. 24). Finalmente, direi, la stampa, in questi giorni, si è trovata improvvisamente arricchita dal contributo offerto da MicroMega, che non si capisce, però, dove si collochi rispetto ai due fronti delineati nell’articolo in questione. Essa, come è evidente, non si accoda acriticamente al coro generale di consensi nei confronti del papa; d’altra parte non fa parte neppure della stampa di destra, talora ipercritica, dando così vita ad un terzo polo mediatico autonomo, poco significativo dal punto di vista numerico (non mi pare di aver letto altrove critiche di tal genere) e forse, mi permetto di dire, anche sotto il profilo teoretico, essendo le analisi proposte solo ‘intuizioni’ non ancora sviluppate, che demoliscono senza proporre, che mettono in luce possibili limiti (ma chi non li ha!) senza rendere giustizia fino in fondo allo sforzo di un uomo di fede impegnato, sulla scia del Concilio, a rinnovare dalle radici una chiesa istituzionale da secoli immobile.
Gli altri due fattori che avrebbero prodotto la star Francesco sarebbero: “La cecità dei cattoprogressisti” e “I compagni ‘folgorati’ da Francesco” (così recitano, testualmente, i titoli degli ultimi due paragrafi dell’articolo in discussione). I primi, gli esponenti della sinistra ecclesiale (definiti ancora anacronisticamente ‘cattoprogressisti’), sarebbero vittime dell’illusione riformista, accecati dal sogno di un possibile ‘ritorno al Concilio’ e dalla speranza di un rinnovamento radicale che dall’interno dell’istituzione ecclesiastica attivi dinamiche di cambiamento: illusioni e speranze ingenuamente riposte in Papa Francesco, che le avrebbe puntualmente tradite.
Secondo l’autore di questo articolo la speranza in un rinnovamento della Chiesa cattolica che abbia origine da energie intrinseche alla stessa istituzione ecclesiastica è una mera illusione irrealizzabile. Essa è frutto di “un atto di fede e alla fede è difficile contrapporre degli argomenti razionali” (p. 26). I rappresentanti della cosiddetta sinistra ecclesiale “si rifiutano di accettare l’evidenza storica che, guardando al caso del comunismo cinese, mostra come nei sistemi autoritari sia più facile sostituire del tutto l’ideale originario che riformare l’organizzazione. Lì è sparito il socialismo, ma il partito è rimasto onnipotente” (p.26).
Ebbene mi pare che questo sia il nodo cruciale che rivela la prospettiva nella quale si muove l’articolo in questione – ma, probabilmente, tutto il dossier – e la distanza che intercorre tra le posizioni assunte dall’autore di questo contributo e quelle della sinistra ecclesiale a cui mi sento di appartenere da sempre. Secondo l’autore dell’articolo in esame sarebbe inutile impegnarsi dall’interno per modificare, restando uniti, gli elementi più monolitici dell’istituzione ecclesiastica, in quanto è “più facile sostituire del tutto l’ideale originario che riformare l’organizzazione”. Vittime di questa illusione collettiva, i cattolici di sinistra, ma anche gli esponenti della sinistra politica, accomunati da un infausto quanto inspiegabile annebbiamento collettivo, avrebbero finito col “legittimare completamente il presente, per sostenere, con uno zelo privo di parsimonia, l’azione di un papa riformatore solo a parole” (p. 27).
Siamo giunti al cuore del problema: l’ideale originario, la sua forza attrattiva, l’energia che promana ancora ora da esso e dalla figura di Cristo che – comunque lo si voglia interpretare – per i Cristiani possiede un primato assiologico, etico e spirituale Un ideale non barattabile e non ‘sostituibile’. Un ideale che sostanzia la fede e apre le porte alla speranza, indicando la strada nei momenti bui e rendendo radiosi quelli luminosi. Un ideale che induce a sostenere tutte quelle voci profetiche, faro nel cammino dell’umanità, che, pur con i limiti connaturati alla condizione umana, si sono impegnate e si impegnano per la giustizia e la fraternità. Senza alcun dubbio una di queste voci è quella di Papa Francesco. È giusto vederne anche i limiti, ma è doveroso altresì esaltarne le qualità che lo rendono – non a caso tutt’oggi, dopo cinque anni di pontificato – punto di riferimento per tutta l’umanità, cristiana e non.
Il consenso universale ed unanime riscosso da Bergoglio, all’esterno delle mura vaticane, che tanta meraviglia e ‘sospetto’ suscita nei redattori di questo numero di MicroMega, non può non rendere ancora più forte la convinzione della possibilità di un profondo rinnovamento dell’istituzione ecclesiastica, che si alimenti delle sue energie più sane, attive all’interno dell’istituzione stessa, in grado di recuperare i valori dell’esperienza originaria, suscitando in tutti i cristiani il desiderio di diventare protagonisti nel cammino di ‘riappropriazione’ dei contenuti più emblematici della propria fede.
La Chiesa, infatti, non è espressione dell’azione di un uomo solo, per quanto illuminato, ma è koinonia, comunità che lavora in sinergia col resto del mondo all’edificazione, hic et nunc, di un regno di giustizia, di pace e di accoglienza.
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